ORCHITE

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Gli zingari? Appena figliano togli loro il pargolo e lo fai adottare: nel giro di tre generazioni il problema non esiste più.

Marocchini irregolari? Prendi il lanciafiamme: se hanno un lavoro e una casa possono proseguire altrimenti si preme il pulsante.

Cinesi? Si sindacalizzano. Tesseramento obbligatorio e fine della concorrenza.

Carcerati? Gli metti una palla di ghisa ai piedi e li metti su una cyclette, collegata ad una centrale elettrica a pedalare, dalle 5 di mattina alle 5 di sera con due turni di lavoro. Risolto anche il problema dell’energia pulita.

Dici che sono esagerato?

No, ne ho solo le palle piene.

POURPARLÉ

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Sei stata fortunata. Non si fermano tutti ad aiutare un’automobilista in difficoltà. Anche se è carina come te. Certo che ci vuole un bel coraggio ad usare un’auto come la tua. Troppo vecchia perché abbia ancora voglia di camminare. Si, va bene, ti scarico alla prima officina. Sicura che non manchi la benzina? Con voi donne non si sa mai. Non ti sarai mica offesa? Io scherzo. Se non si ride un po’ non arriva sera. Lasciatelo dire da uno che ne macina di chilometri in un giorno. In trent’anni di lavoro nel sindacato mi sono fatto tutte le autostrade del nord. Conosco tutti gli autogrill. Ma tu quando vai nei bagni degli autogrill la mancia la lasci? Ci ho ragionato sopra e siccome la signora col piattino prende il suo bello stipendio come dipendente mi sono sollevato da un peso e quando piscio non le lascio niente. Va solo il suo lavoro. Come se a me dessero la mancia perché faccio bene il mio. Credo la mettono lì apposta per farti venire i sensi di colpa se non lasci neppure un centesimo. E’ uno dei tanti ricatti morali che subiamo. Una volta ci stavo male, adesso me ne frego. Ci vorrebbe più serietà a partire da chi ci governa. Non sarai mica una di quelle che si scandalizzano? Naa, non hai la faccia. Allora ti dico una cosa. Fanno bene a sparargli. Se avessi la loro età lo farei anche io. Un colpo nelle gambe e uno in testa così hanno il tempo di capire. Si ho visto. Sei sicura di voler scendere? Sei una ragazza intelligente, mi è piaciuto chiacchierare con te. Adesso che mi ricordo la tua faccia non mi è nuova. Ti devo aver visto alla tv. Dalla De Filippi? No, no, no. Fai l’attrice. No, no,no. Eppure sono sicuro. Si, ecco, al telegiornale. Al   te le gior na le. Tranquilla. Non ti ho visto, non ci siamo mai visti, non ti ho caricato sulla mia auto ma ti prego, ti prego, ti prego ti do tutti i soldi che vuoi, ti lascio anche la mia auto, ti prego, ti prego, le carte di credito, il mio cellulare. Ti prego, ti prego.

Un colpo alla gamba e uno alla testa. Hai detto così vero?

     

 

IMPROVVISATA

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– Accidenti agli spigoli!

– Zitto, vuoi che ci sentano?

– Ma se sono andati in ferie? Chi vuoi che ci senta?

– I vicini.

– E sai quanto gliene frega ai vicini? Sai che pensano? Meglio a loro che a noi.

– Zitto e lavora, che non abbiamo tanto tempo.

– Questi sono stati originali. I soldi non li hanno lasciati nel barattolo dello zucchero in cucina, questi sono furbi, li hanno lasciati tra le pagine di un libro. L’hai letto? Sai che quasi quasi mi prendo anche il libro?

– Che libro è?

– “Non siamo più povera gente”. Ottimisti.

– Hai guardato nel cassetto delle mutande? E dentro al cuscino? E sotto il materasso?

– Ma questi sono dei dritti, li’ non li mettono.

– Prendi il lettore DVD e il portatile

– E la tv?

– Lascia, pesa troppo, non va bene con la mia ernia. Solo roba leggera e di valore.

– Ma dove cazzo sono i gioielli?

– Provato nell’ultima camera?

– Carmelo

– Cosa vuoi?

– Carmelo?

– Cazzo, ma possibile che non sai lavorare senza avermi dietro il culo?

– Carmelo?

– Arrivo, ma bada che sia importante.

– Carmelo. E’ importante. Una vecchia bardata come la Madonna del Voto, piena di catenine, anelli, orecchini e con in testa un diadema di rubini mi sta ringhiando contro puntandomi una carabina. Carmelo, secondo me, abbiamo scelto la casa sbagliata.

– Troppo tardi per riparare all’errore vero signora?

– Penso che stasera non saremo puntuali e che lo Sghembo si incazzerà per il nostro ritardo.

– E chi glielo spiega che l’orchestra manca di due elementi?

– Lo leggerà sui giornali domani.

STUNF. STUNF.

APLASIA

 

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Fernando è morto solo in una calda mattina di luglio.

Dei suoi quattordici figli non c’era nessuno a tenergli la mano.

La donna che aveva sposato 60 anni prima era andata a vivere con una delle figlie  dopo averlo visto allungare le mani sul culo della badante, un anno fa.

E dire che Fernando, uomo tutto d’un pezzo, un contadino che alla vita aveva chiesto poco e dato molto.

Si alzava all’alba da quando era ragazzo per pulire le bestie nella stalla. Poi c’era la campagna e la sera quando si tornava nel casale, non si iniziava a mangiare se prima non si era recitato il rosario. Non contavano le suppliche della moglie, le lamentele delle figlie, la fame dei piccoli, la rabbia dei maschi. 

Niente gonne corte, niente frivolezze, niente amici in quella casa. Solo lavoro, fatica e preghiera.

Così i suoi figli se ne andarono uno dopo l’altro al compimento della maggiore età.

Rimasero soli lui e sua moglie a recitare quel rosario al ritorno dai campi. In quella casa silenziosa le lacrime della moglie rimbombavano fino ad assordarlo ma l’udito con l’età cala e alla fine è solo un fastidioso bisbiglio.

Si, Fernando ha dato molto ma alla sua campagna, alle sue bestie.

Mai un sorriso alla madre dei suoi figli, mai una risata durante quelle interminabili cene fatte di pasta e silenzio.

Fernando è morto solo e nessuno ha versato una lacrima.

P.A.

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Non sapevo cosa farmene di lei.

 

Guardavo il suo curricula  e mi continuavo a domandare perché.

 

III media, nessuna singolarità, nessun corso particolare, nessuna abilità specifica, nessun parente reduce/disperso/caduto di guerra, il marito senza inabilità e non entrava neppure nel gruppo delle donne vittime della mafia, del racket o dell’usura.

 

Da quando era stata vivamente segnalata per l’assunzione era intercorsa soltanto una settimana ed era entrata nella grande casa della pubblica amministrazione con la qualifica di impiegata. Il compito assegnatole era controllare l’esattezza dei codici fiscali degli utenti .

 

La sua produttività pari a zero: quei controlli non furono mai effettuati.

 

Ci mise una settimana per capire il funzionamento della macchina pubblica e iniziare a presentare certificati medici: una volta era la cervicale, l’altra un generico affaticamento, la volta dopo un imbarazzante problema nella seduta.

 

Improvvisamente riprese il lavoro regolarmente ma era impossibile trovarla in ufficio. Era sempre altrove a sentire le colleghe.

 

La vidi solo una volta davanti al computer collegata ad un sito internet di manga giapponesi.

 

Mandai una lettera di richiamo.

 

I sindacati si infuriarono, ci fu uno sciopero e fui redarguito del ministro.

 

Solo allora capii.

 

Trasferii il soggetto nell’ultimo ufficio lungo il corridoio, quello che porta al bagno, con un incarico determinato: controllare se il numero di strappi della commessa della carta igienica per l’ufficio corrispondesse alle specifiche del bando.

 

Ora chi si reca in bagno deve passare da lei per ritirare il numero di foglietti necessari a seconda dell’operazione che si appresta a compiere.

 

Ho notato, che di fronte a bisogni fisici, è scomparso lo spirito di corpo e l’assenza della collega mi è prontamente segnalata.

 

Non mi aspetto riconoscimenti, encomi, promozioni.

 

Mi basta sapere che non fregheranno più la Pubblica Amministrazione sul numero di strappi.

PASSAGGIO

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Era un’Italia che stava spalancando gli occhi e la bocca per la ricchezza che arrivava dopo anni di fame e pianti quella di Giuliano che si era comprato una cinquecento blu coi soldi risparmiati e un prestito che non avrebbe mai restituito a sua madre.

Si andava a ballare nell’unico locale della zona che richiamava ragazze anche dalle province vicine. Alle nove si era in pista e a mezzanotte si tornava a casa allora.

Giuliano non immaginava che la sua notte era appena iniziata quando un ragazzo pallido gli si avvicinò sussurrandogli: “Nel fosso c’è uno morto” indicando un punto preciso.

Il fatto che Giuliano non conoscesse il ragazzo non gli impedì di prenderlo sul serio. Ci si prende sempre su serio in Emilia e poi quella faccia cadavericamente balbettante avrebbe attirato l’interesse di chiunque. E Giuliano era un generoso. Seguì il dito del delatore e vide il corpo di un uomo che aveva smesso di preoccuparsi delle cose terrene.

Giuliano, uomo pratico e poco impressionabile, pensò che non si poteva lasciare un individuo dentro ad un fosso. Così se lo caricò sulle spalle e lo mise seduto sul sedile passeggero della Fiat 500 non prima di avergli ripulito i vestiti: caritatevole sì ma non al punto da lasciare che la tappezzeria dell’auto si sporcasse. Poi si mise al volante diretto alla stazione dei carabinieri col passeggero silenzioso e pallido al suo fianco.

Ha la sua importanza ricordare che si erano fatte le tre di notte perché la benemerita ci mise parecchio prima di rispondere alle scampanellate. Quando Dio volle si aprì un’imposta e una voce impastata di sonno e dall’accento meridionale gli chiese che volesse.

“Ho un morto in macchina”.

“ Non è un cimitero questo”. E l’imposta si richiuse.

Giuliano convenne che l’appuntato aveva le sue ragioni. Effettivamente il luogo deputato a ricevere le spoglie di un uomo è il camposanto e non una caserma, così si rimise in macchina col passeggero impettito per trovare una soluzione. Il camposanto era chiuso, di ributtarlo nel fosso non se ne parlava, non aveva buoni rapporti con il parroco per una vecchia storia di sostituzione d’ampolle quando era chierichetto per cui convenì che l’unica soluzione era aspettare la mattina.

A quel punto, soddisfatto della sua decisione, ricompose la salma che si era inclinata verso il finestrino della 500 e si diresse verso casa. Aveva appena messo la chiave nella toppa per entrare quando sentì la voce di sua madre: “ Ti sembra questa l’ora di rientrare?”

“Lo so, è tardi, vado a letto subito. Ahhh, mamma, in macchina c’è un morto, domattina lo porto in ospedale”

“Fatti almeno pagare la benzina” fu la risposta di sua madre.

MUSSULMANA

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Perché l’amore mica lo metti su dei binari. Va dove vuole, cerca occhi, mani, respiri.  Così sei arrivato.

 

Nel tuo paese eri un professore, insegnavi il corano in una madrasa ma non ti bastava. Il gruppo ti ha finanziato il viaggio e sei sbarcato sulla mia spiaggia.

 

Figlia di pescatori, allevata per trovarmi un marito e diventare sposa passavo le giornate disegnando figure sulla spiaggia fino al giorno in cui hai preso il bastone dalle mie mani e hai tracciato quei segni حافظ , حديث, حافظ  intrecciando le tue ciglia alle mie.

Ho indossato il velo, ti ho dato cinque figli in cinque anni, non frequento più la mia famiglia che non ha approvato la mia scelta ma piango pochissime volte.

Adesso, vedi, non scendono lacrime mentre ti denuncio ad un’ispettrice di polizia che dopo aver controllato i miei lividi mi ha abbracciato e passato un fazzoletto per togliermi il sangue dai capelli. Hai finito di battermi col bastone, di umiliarmi davanti ai miei figli e quell’amore che mi ha strozzato le urla in gola è finito quando i tuoi occhi sono diventati vetro.

Il velo l’ho tolto mentre correvo qui a denunciare te e i tuoi amici.

Non ho studiato, ma so distinguere il bene dal male.

Fareed, Raamiz, Samir, Basma, Nazaha sono al sicuro. Non voglio che i miei figli esplodano con l’asilo.

Loro non li imbottirai.

Nessun Dio lo permetterebbe.

Io non te lo permetto, brutto figlio di puttana.

LATTERIA

02b6847edd23ed7855001e0af4a93592.jpgLa chiamavano Giovannina del latte e dunque vendeva il latte. Sinceramente non so se il soprannome le fosse stato affibbiato per l’attività commerciale che aveva aperto nel dopoguerra o perché aveva due tette enormi su una statura che non superava il metro e un tappo.Quando dico che vendeva il latte, voglio proprio specificare che vendeva solo quello. Non era una latteria in cui trovavi anche altri generi di consumo escluso gli alcolici. Lei vendeva il latte da un litro o da mezzo litro. E basta.

Mia nonna, quella buona, era stata molto gelosa di lei, per via di quelle tette enormi che attiravano gli sguardi di tutto il genere maschile di età compresa tra l’adolescenza e la vecchiaia e quindi anche quelli di mio nonno.

 

La Giovannina del latte apriva bottega tutte le mattine che il Signore manda in terra, anche in quelle in cui la sua faccia aveva urtato spigoli di porte o ante di cassetti o era ruzzolata dalle scale. Succedeva spesso e dire che non era una donna distratta. E non era distratto neppure suo marito cui non sfuggivano quelle occhiate a sua moglie quando passava davanti all’osteria per andare in chiesa.

 

Chiuse bottega il tempo del requiem al marito poi si rimise dietro al bancone e li rimase per il resto della sua lunga vita, vestita di nero.

 

Le sue tette fecero sempre bella mostra di se.

 

Non avvizzirono mai.

COMPAGNO

5cd02a805a51a0968cb725357a34b0b8.jpgScolta, compagno presidente, io sono un comunista vero, lo sai.

Non come quelli di adesso che hanno il cuore a sinistra e il portafoglio a destra.

Sai che non mi sono mai tirato indietro quando c’era da grigliare la salsiccia alla festa dell’Unità, sai che puntuale come la messa, ogni domenica andavo di casa in casa per distribuire copie dell’unità agli altri compagni e una copia la lasciavo anche a quel bar di democristiani reazionari che a onor del vero non l’hanno mai cestinata ma lasciata sul frigo dei gelati, sai che quando c’erano le elezioni ho sempre fatto il rappresentante di lista perché la sezione non ha mai ritenuto che potessi fare lo scrutatore e sai che non ho mai avuto paura di dire quello che penso.

Compagno presidente, adesso tu mi devi spiegare perché mi sta montando la rabbia quando ti vedo fare quei sorrisini di sufficienza quando prendo la parola, mi devi spiegare perché mi dici di fare dei sacrifici e tu ti prendi uno stipendio di euro 20.000 al mese, mi devi spiegare perché gli zingari hanno bisogno di un campo nomadi e lo vuoi mettere a casa mia, mi devi spiegare perché il partito ci ordina di aiutare gli extracomunitari e il marocchino che lavora con me non si fa vedere da tre mesi, prende paga e nessuno lo licenzia, mi devi spiegare perché tutte le antenne per far funzionare i vostri cellulari, visto che io ho ancora in casa un vecchio telefono grigio con la rotella, sono sempre posizionati in periferia dove ci sono le case popolari cioè dove abito io, mi devi spiegare perché giri con un’auto straniera da 300 milioni e vieni qua a dirci che dobbiamo credere nell’Italia comprando italiano, mi devi spiegare perché tu sei andato in Francia per farti operare e io aspetto tre mesi per avere una risonanza magnetica.

No, compagno presidente, non rispondermi adesso, aspetta.

Prenditi il tempo che vuoi ma attento alla risposta perchè quelle salsiccie non le griglio più alla festa dell’Unità ma te le ficco nel culo.

CRASH

BOTERO TESTA

Adesso lo potrei raccontare.
Ma adesso a chi lo racconto?
A chi racconto cosa si sente mentre ti stai andando a sfracellare contro un TIR? A chi lo dico che quel muso enorme è a cinque centimetri dal mio naso e che non è vero che rivedi tutta la tua vita? Adesso sto solo pensando che non dovevo raccogliere il cellulare che mi era scivolato sul tappetino perché quei maledetti magneti non valgono un cazzo. Eppure non mi sembrava di aver sterzato tanto da invadere l’altra corsia. Ma deve essere andata così. Io muoio. Muoio spataccato contro la motrice di un bilico. Ecco arriva l’urto. Muoio, cazzo, muoio. Sento il rumore delle lamiere che si accartocciano. Le gambe cazzo le gambe. Sento la macchina che si sposta. Non provo neanche a governarla. E una scheggia che ha deciso di spostarsi sulla fiancata. Sto portando via l’angolo sinistro del camion, gli sto tranciando tutti i cavi elettrici . Vedo le scintille mentre un pezzo di lamiera mi trancia la testa che vola verso il lunotto. Non sta succedendo a me. Mamma aiutami, dimmi che non sta succedendo a me. Carambolo quattro volte prima di fermarmi. Ecco adesso è tutto tranquillo. Verrà l’autoambulanza e mi aiuteranno. Si è formata una coda sulla Statale. Cazzo muovetevi che l’autolettiga faticherà ad arrivare in tempo. I primi curiosi. Perché fanno quella faccia disgustata? Non sono messo così male. Io non sento niente. Pensavo peggio, giuro. Ma deve essere stato un brutto incidente perché sento la sirena della polizia. Ecco che si avvicinano. Quello con loro, quello con l’asciugamano al collo e le ciabatte deve essere il camionista. Avrà famiglia anche lui, fortuna che non si è fatto niente.  Ci sono i moscerini. E non è stagione di imbottigliamento. Tanti moscerini che si sono precipitati sul lunotto, proprio la’ dove mi si è aperta la testa. Via, andate via, non appiccicatevi al mio cervello, i medici ne avranno bisogno. Via, andate via. Eccoli finalmente gli infermieri. C’è anche mia moglie. Ma che cazzo fanno? Fatela passare, è mia moglie. Sto bene amore, sto bene, poi gliene dico quattro a quelle teste di cazzo che non vogliono che tu ti avvicini. Porta pazienza e non piangere, sto bene, ci salteremo fuori anche questa volta. Come sempre, come da trent’anni. Ci sono anche i pompieri. No, non copritemi col telo. Tiratemi fuori. Tiratemi fuori di qui. Al buio, adesso, ho anche freddo.