CRASH

BOTERO TESTA

Adesso lo potrei raccontare.
Ma adesso a chi lo racconto?
A chi racconto cosa si sente mentre ti stai andando a sfracellare contro un TIR? A chi lo dico che quel muso enorme è a cinque centimetri dal mio naso e che non è vero che rivedi tutta la tua vita? Adesso sto solo pensando che non dovevo raccogliere il cellulare che mi era scivolato sul tappetino perché quei maledetti magneti non valgono un cazzo. Eppure non mi sembrava di aver sterzato tanto da invadere l’altra corsia. Ma deve essere andata così. Io muoio. Muoio spataccato contro la motrice di un bilico. Ecco arriva l’urto. Muoio, cazzo, muoio. Sento il rumore delle lamiere che si accartocciano. Le gambe cazzo le gambe. Sento la macchina che si sposta. Non provo neanche a governarla. E una scheggia che ha deciso di spostarsi sulla fiancata. Sto portando via l’angolo sinistro del camion, gli sto tranciando tutti i cavi elettrici . Vedo le scintille mentre un pezzo di lamiera mi trancia la testa che vola verso il lunotto. Non sta succedendo a me. Mamma aiutami, dimmi che non sta succedendo a me. Carambolo quattro volte prima di fermarmi. Ecco adesso è tutto tranquillo. Verrà l’autoambulanza e mi aiuteranno. Si è formata una coda sulla Statale. Cazzo muovetevi che l’autolettiga faticherà ad arrivare in tempo. I primi curiosi. Perché fanno quella faccia disgustata? Non sono messo così male. Io non sento niente. Pensavo peggio, giuro. Ma deve essere stato un brutto incidente perché sento la sirena della polizia. Ecco che si avvicinano. Quello con loro, quello con l’asciugamano al collo e le ciabatte deve essere il camionista. Avrà famiglia anche lui, fortuna che non si è fatto niente.  Ci sono i moscerini. E non è stagione di imbottigliamento. Tanti moscerini che si sono precipitati sul lunotto, proprio la’ dove mi si è aperta la testa. Via, andate via, non appiccicatevi al mio cervello, i medici ne avranno bisogno. Via, andate via. Eccoli finalmente gli infermieri. C’è anche mia moglie. Ma che cazzo fanno? Fatela passare, è mia moglie. Sto bene amore, sto bene, poi gliene dico quattro a quelle teste di cazzo che non vogliono che tu ti avvicini. Porta pazienza e non piangere, sto bene, ci salteremo fuori anche questa volta. Come sempre, come da trent’anni. Ci sono anche i pompieri. No, non copritemi col telo. Tiratemi fuori. Tiratemi fuori di qui. Al buio, adesso, ho anche freddo.
 

 

TITI

d5a071cdbb26cc597b7d5e7e2ad40dec.jpg

Tu sei sempre appartenuto alla categoria “Troie”, quegli uomini ai quali difficilmente si puo’ dire di no. Scherzavi sempre per quel tuo naso importante, per quei capelli neri, drittissimi che ti cadevano sugli occhi, per quelle donne che portavi a casa e dicevi – Mica la sposo, la scopo e basta, mamma – scandalizzando tutta la famiglia che nonostante tutto ti adorava. Bello, come tutti quelli della nostra razza, anche tu avevi quel marchio sulla pelle, come me, come tua sorella, come mio padre. Abbandonavi diamanti grossi come patate e orecchini di rubini e bracciali di perle tempestati di smeraldi come Hansel lasciava briciole di pane. Non te n’è mai fregato niente dei soldi. Avevi il tuo sorriso e quello non te lo avrebbero mai rubato. Non dovevi blindarlo nel baule dell’auto come il resto, quello lo regalavi a tutti così come a me regalavi gioielli di cui neppure immaginavo il valore perché eri tu la vera ricchezza che sapevo di avere. Tu che te ne sei andato a 14 anni in un’altra casa, ostile, diversa, lontana, ma con un sorriso da cagacazzi da permetterti di conquistare il mondo. E lo hai fatto.
Sono cambiate molte cose sai da quel viaggio in auto che abbiamo fatto insieme e in cui tu ti ostinavi a mettermi in imbarazzo chiedendomi la differenza tra il bue e la mucca. Sarebbe stato il tuo ultimo viaggio.
Ti ho amato come si puo’ amare a 15 anni.
Ho una foto di te mentre dormi. L’ho rubata all’album di famiglia. Sei disteso sul prato, le braccia abbandonate, le gambe scomposte. Doveva essere un ricordo è diventato un presagio.
Era una festa quando tornavi. “ Uccidete il vitello grasso e stappate le bottiglie e si faccia festa per quel figlio di puttana che ritrova la strada di casa.
Un giorno non sei tornato più. Il tuo Mercedes non è più entrato nel cortile.
Ti hanno riportato a casa in un’altra auto e non si è fatta festa quella sera.