BOTERO

-ANSA-  E’ morto oggi all’età di 91 anni il celebre scultore colombiano Fernando Botero, universalmente conosciuto per le voluminose figure umane rappresentate nelle sue opere. La notizia viene confermata dal quotidiano colombiano ‘El Tiempo’, che definisce Botero come “l’artista colombiano più grande di tutti i tempi”.BOTERO

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ESASPERAZIONE

 

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Sono stanca.

Stanca.

Stanca di leccare lacrime, stanca di accompagnare sotto braccio la sofferenza, stanca di consolare occhi perduti, stanca di fare il giullare per far respire un’aria pulita, stanca di caricarmi di dolore.

E oggi, tu non c’eri. Oggi sei rientrato nella tua tana sudicia di male cercando un odore, un oggetto, un respiro.

Non ci poteva essere, lo sapevi e allora di nuovo lo stordimento necessario, la fatica di respirare, la sconfitta dell’impotenza. Che poi ti vengano a parlare di Dio, di resurrezione, di speranza di fai le cose giuste. Chi cazzo stabilisce il giusto? Non quella pletora di cantori sudati, ne’la triade di mercanti sconfitti dal tempo.

La vuoi tu la mia sorte? Tu che pontifichi, la vuoi vivere tu la mia vita? Dov’eri mentre mi spezzano le ossa a randellate, dov’eri quando quella notte non riuscivo a guidare perché i miei occhi erano pieni di lacrime? Perché non mi hai preso le mani lerce? Puzzavo troppo di vomito e urina?  E allora, adesso, taci. Taci e non parlarmi più.

Ho chiuso il portone del mondo. Lascia che il toro mi incorni, non farà più male che non averti tra le braccia.

La vostra preoccupazione arriverà fino a mezzogiorno poi sarete di nuovo felici di non avermi partorito.

DILEMMI

 

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Cancella tutto!

Non si fa più niente. Niente, capito? Ti avevo detto no che avevo trovato il tombino dove mettere le ossa incenerite dei miei genitori vero? Beh sai cosa è successo?

Ho il vago presentimento che se anche non lo so tra pochi secondi ne verrò a conoscienza.

Ascolta. Stamattina, mi sono alzata di buon’ora per andare a visionare il mio acquisto. Gambe in spalla e punto dritto con la bicicletta verso il cimitero. Per non sbagliare ho messo in borsa il rogito del nuovo tombino : ala nord, settore sei, edificio G, terzo piano, tombino in angolo. Arrivo, deposito la bici col lucchetto che si sa nei cimiteri c’è una ruberia che non ti dico, percorro i vialetti alberati tutta felice e arrivo. Non puoi sapere l’orrore che mi ha inondato. Sono ancora scossa dai brividi. Alzando gli occhi verso il mio loculo vedo che è già occupato. Ti rendi conto? Il mio loculo, quello che ho acquistato per i prossimi 50 anni, spendendo una cifra notevole , è abusivamente occupata da un’altra urna cineraria per di più sconosciuta. Senza nome. Neppure il guardiano sa ne’ chi sia ne’ chi ce l’ha messa, ne’ quando il fatto sia accaduto. Ma adesso mi sentono negli uffici comunali. Io le tasse le pago sai e se mi compro un tombino voglio che sia nuovo, non già usato. E’ chiedere troppo? Comunque ti volevo informare che vista l’occupazione abusiva la cerimonia di riesumazione delle ossa di mamma e papà è rinviata a data da destinarsi ma visto che siamo al telefono e che tu hai una laurea in legge mi sai dire se posso chiedere l’affitto al morto che sta abusivamente soggiornando dentro al mio tombino?

 

In certi casi, alle 7 di mattina, è meglio mordersi la lingua e non ridere, neanche al telefono.

DILEMMI

 

 

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Tu non lo puoi sapere, anche perché non te ne ho mai parlato, ma devi sapere che i tombini durano 50 anni. Allora, quando lo comprai per mia madre, non sottoscrissi la clausola “rinnovabile”. Si, forse perché sono un po’ taccagna, ma il problema non è questo. Il problema è che adesso devo scegliere se mettere le ossa in una fossa comune dentro un sacchetto di plastica o farle cremare e comprare un tombino. Tu ridi ma io è da novembre che ci sto male. A parte il costo, che non è poco, come posso permettere che le ossa di mia madre finiscano buttate dentro ad una fossa comune? Magari capitano vicino ad uno antipatico, o peggio, ad un delinquente. Non avrei mai potuto. Così stamattina ho deciso: cremazione delle ossa e acquisto di un loculo a sei posti per le ceneri e mentre ci sono faccio lo stesso servizio a mio padre. La procedura è la seguente: si estraggono le bare, le si aprono, se vuoi recuperare un anello, i becchini mi hanno assicurato che lo possono fare, lo recuperi, dopodiché, le ossa vanno al crematorio e te le restituiscono dentro un’urna che tumuli di nuovo nel miniloculo che ho appunto appena acquistato. Durata altri 50 anni, così la mia nipotina potrà portarmi i fiori quando avrà 60 anni. Mi sono tolta un peso dal cuore. Vuoi venire ad assistere anche tu alla detumulazione o come diavolo si dice? Non farti problemi, ti invito volentieri. Quando aprono la bara possiamo stare a debita distanza, ci mando mio marito a controllare e a recuperare la fede di mia madre.

 

Con gioia, vorrei che ogni lunedì mattina mi squillasse il telefono alle sette per invitarmi a queste prestigiose cerimonie. In abito scuro, of course.

 

CRASH

BOTERO TESTA

Adesso lo potrei raccontare.
Ma adesso a chi lo racconto?
A chi racconto cosa si sente mentre ti stai andando a sfracellare contro un TIR? A chi lo dico che quel muso enorme è a cinque centimetri dal mio naso e che non è vero che rivedi tutta la tua vita? Adesso sto solo pensando che non dovevo raccogliere il cellulare che mi era scivolato sul tappetino perché quei maledetti magneti non valgono un cazzo. Eppure non mi sembrava di aver sterzato tanto da invadere l’altra corsia. Ma deve essere andata così. Io muoio. Muoio spataccato contro la motrice di un bilico. Ecco arriva l’urto. Muoio, cazzo, muoio. Sento il rumore delle lamiere che si accartocciano. Le gambe cazzo le gambe. Sento la macchina che si sposta. Non provo neanche a governarla. E una scheggia che ha deciso di spostarsi sulla fiancata. Sto portando via l’angolo sinistro del camion, gli sto tranciando tutti i cavi elettrici . Vedo le scintille mentre un pezzo di lamiera mi trancia la testa che vola verso il lunotto. Non sta succedendo a me. Mamma aiutami, dimmi che non sta succedendo a me. Carambolo quattro volte prima di fermarmi. Ecco adesso è tutto tranquillo. Verrà l’autoambulanza e mi aiuteranno. Si è formata una coda sulla Statale. Cazzo muovetevi che l’autolettiga faticherà ad arrivare in tempo. I primi curiosi. Perché fanno quella faccia disgustata? Non sono messo così male. Io non sento niente. Pensavo peggio, giuro. Ma deve essere stato un brutto incidente perché sento la sirena della polizia. Ecco che si avvicinano. Quello con loro, quello con l’asciugamano al collo e le ciabatte deve essere il camionista. Avrà famiglia anche lui, fortuna che non si è fatto niente.  Ci sono i moscerini. E non è stagione di imbottigliamento. Tanti moscerini che si sono precipitati sul lunotto, proprio la’ dove mi si è aperta la testa. Via, andate via, non appiccicatevi al mio cervello, i medici ne avranno bisogno. Via, andate via. Eccoli finalmente gli infermieri. C’è anche mia moglie. Ma che cazzo fanno? Fatela passare, è mia moglie. Sto bene amore, sto bene, poi gliene dico quattro a quelle teste di cazzo che non vogliono che tu ti avvicini. Porta pazienza e non piangere, sto bene, ci salteremo fuori anche questa volta. Come sempre, come da trent’anni. Ci sono anche i pompieri. No, non copritemi col telo. Tiratemi fuori. Tiratemi fuori di qui. Al buio, adesso, ho anche freddo.
 

 

INELUTTABILITA’

BOTERO DONNA ENO NUDO

Si, sono una stronza e allora?
Se ti vuoi sedere sposta da quella sedia i vestiti. Buttali pure a terra ma non chiedermi ne’ di alzarmi, ne’ di pulire. Si, c’è odore di stantio. No, non aprire la finestre, mi basta poco per ammalarmi. Sono una immunodeficiente. 
No, non la spengo.
Fregatene, se non ti va bene sparisci, non ti ho chiamata io.
E poi sbrigati che mi stanco subito.
Qual è il problema?
Ho contagiato te? No, quindi fatti i cazzi tuoi.
Credi che quello che mi ha lacerato la vena si sia preoccupato?  Magari manco lo sapeva che era contagiato.
Credi davvero che riesca a preoccuparmi se tuo figlio adesso è in un letto d’ospedale?
Era adulto e maggiorenne quando è venuto a letto con me e visto che lo vuoi sapere non era neppure un grande scopatore il tuo bambino. Veniva dopo due colpi e si vergognava. Piangeva. E’ stato lui a propormelo ” facciamolo senza preservativo e vedrai che duro di più” Ho provato, giuro che ho provato a sconsigliarlo, ma è un testardo, lo dovresti sapere meglio di me e allora, “scopami senza protezione”, non è più un problema mio.
Lo abbiamo fatto sul sedile posteriore della mia macchina quella volta e ancora una volta l’emozione l’ha fregato. Due colpi ed era fatta. Basta poco, vero, per prendersi il contagio. Quasi tutti i miei amici sono morti così, quasi tutti soli, la merda attorno al culo e le piaghe sul viso. Il prete dell’ospedale li benediva con la mascherina sul viso e i guanti infilati nelle mani.
Avevo solo voglia di sentirmi amata, di illudermi che potevo vivere, che era solo un incubo.
No, signora, non si metta a piangermi davanti.
No, signora, non provo ne’ vergogna, ne’ pietà.
No, signora, non lo amavo.
Ma a lui non ho mai chiesto soldi.
 

 

 

UNZIONE

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I SETTE SACRAMENTI

UNZIONE

Mandatelo via, non è ancora il momento per farlo, è troppo presto non ve ne rendete conto? E piantatela di piangermi intorno. Come faccio a farmi sentire? Come mai non capiscono che sto urlando? Adesso riesco finalmente a capire le frasi di Joe Gideon. L’ira contro Dio che ha scelto me , proprio me che non avevo ancora finito quella commedia, che dovevo ancora telefonare alla Saura per confermare la data. Ma come si permette di interrompere così i miei impegni? Chi crede di essere? Si, è Dio, ma mi rifiuto per questa volta di accettare il destino che ha scelto e poi perché quella data? Perché non procrastinare, oddio come mi piace quella parola, e forse se gliela dicessi avrebbe un sussulto e si renderebbe conto che si è sbagliato, che mi ha confusa con un’altra, un’omonima, una che mi somiglia, una che ha i miei occhi ma non i miei pensieri o forse si è distratto un momento, va bene, è Dio, ma una pausa caffè se la sarà pur presa in tanti anni di vita. No, non voglio morire, toglietevelo dalla testa io in quel tunnel non ci finisco, mi aggrappo alle pareti, mi scortico le unghie ma dimenticatevi che mi lasci andare, risucchiata nella luce. Cazzo, vi pago, portatemi in America, in Svizzera, da un santone indiano ma non lasciatemi qui, voglio un altro medico, che cazzo ne sa quel dottorino, voglio il parere del mio medico condotto, di lui e solo di lui posso fidarmi. Ok, ok allora contrattiamo. Prendi mia cugina, è vecchia e antipatica lei, ammettilo per una volta anche tu, oppure prendi, ecco, prendi la zia è centenaria lei ha voglia di raggiungerti e io ti garantisco che cambierò vita, andrò anche a tutte le riunioni dell’Azione Cattolica, organizzerò le mostre per le missioni africane, ascolterò i drammi di quel pachiderma della Matilde che non sa mai se mettere sull’altare il merletto delle suore o quello sintetico della coop e continua a mangiare per vincere la sua timidezza, cos’altro vuoi che faccia? Dimmelo e lo farò ma non farmi morire, non adesso, mi sarebbe insopportabile. Ma tu non mi stai ad ascoltare vero? Allora sia fa come vuoi ma sia chiaro che io non sono d’accordo, che poi lo so come siete fatti voi e rigirate la frittata. Se credi che sia un bene che io ti raggiunga, se proprio non riesci a fare a meno di me, se hai bisogno di farti ogni tanto una sana risata, se vuoi una che sa giocare a briscola e a cuncincinna sono pronta a scivolare lungo il tunnel, ma per favore, dì a quel prete di piantarla di ungermi la fronte e mugugnare quelle parole o mi alzo improvvisamente dal letto e vi frego tutti quanti vendendomi alla concorrenza.

SCONTRO

Era talmente bello che quando passeggiavo con lui le ragazze, ma anche le donne mature, lo guardavano spudoratamente negli occhi e poi si giravano per guardargli il culo.
Lui non si è mai accorto della sua bellezza: non si specchiava nelle vetrine, non si vestiva in modo ricercato, non portava niente che fosse di moda.
Aveva il sorriso dei bambini sulle labbra rosse e con la loro curiosità composta osservava l’interesse che suscitava senza capirne il motivo. Era contagioso quando apriva la bocca in una risata fragorosa strizzando gli occhi limpidi che per un attimo annullavano la presenza del resto del mondo.
Aveva voglia di vivere lui, aveva voglia di giocare con la vita che sfidava continuamente con la sua rossa rattoppata che chiedeva tregua e un basso regime di giri. Non glieli ha mai concessi fino a quando se li prese da sola abbracciandolo stretto in una periferia urbana tornando a casa un lunedì sera deserto di lampioni eccetto quello che gli andò incontro.
Erano le 22.30

TITI

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Tu sei sempre appartenuto alla categoria “Troie”, quegli uomini ai quali difficilmente si puo’ dire di no. Scherzavi sempre per quel tuo naso importante, per quei capelli neri, drittissimi che ti cadevano sugli occhi, per quelle donne che portavi a casa e dicevi – Mica la sposo, la scopo e basta, mamma – scandalizzando tutta la famiglia che nonostante tutto ti adorava. Bello, come tutti quelli della nostra razza, anche tu avevi quel marchio sulla pelle, come me, come tua sorella, come mio padre. Abbandonavi diamanti grossi come patate e orecchini di rubini e bracciali di perle tempestati di smeraldi come Hansel lasciava briciole di pane. Non te n’è mai fregato niente dei soldi. Avevi il tuo sorriso e quello non te lo avrebbero mai rubato. Non dovevi blindarlo nel baule dell’auto come il resto, quello lo regalavi a tutti così come a me regalavi gioielli di cui neppure immaginavo il valore perché eri tu la vera ricchezza che sapevo di avere. Tu che te ne sei andato a 14 anni in un’altra casa, ostile, diversa, lontana, ma con un sorriso da cagacazzi da permetterti di conquistare il mondo. E lo hai fatto.
Sono cambiate molte cose sai da quel viaggio in auto che abbiamo fatto insieme e in cui tu ti ostinavi a mettermi in imbarazzo chiedendomi la differenza tra il bue e la mucca. Sarebbe stato il tuo ultimo viaggio.
Ti ho amato come si puo’ amare a 15 anni.
Ho una foto di te mentre dormi. L’ho rubata all’album di famiglia. Sei disteso sul prato, le braccia abbandonate, le gambe scomposte. Doveva essere un ricordo è diventato un presagio.
Era una festa quando tornavi. “ Uccidete il vitello grasso e stappate le bottiglie e si faccia festa per quel figlio di puttana che ritrova la strada di casa.
Un giorno non sei tornato più. Il tuo Mercedes non è più entrato nel cortile.
Ti hanno riportato a casa in un’altra auto e non si è fatta festa quella sera.