ESASPERAZIONE

 

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Sono stanca.

Stanca.

Stanca di leccare lacrime, stanca di accompagnare sotto braccio la sofferenza, stanca di consolare occhi perduti, stanca di fare il giullare per far respire un’aria pulita, stanca di caricarmi di dolore.

E oggi, tu non c’eri. Oggi sei rientrato nella tua tana sudicia di male cercando un odore, un oggetto, un respiro.

Non ci poteva essere, lo sapevi e allora di nuovo lo stordimento necessario, la fatica di respirare, la sconfitta dell’impotenza. Che poi ti vengano a parlare di Dio, di resurrezione, di speranza di fai le cose giuste. Chi cazzo stabilisce il giusto? Non quella pletora di cantori sudati, ne’la triade di mercanti sconfitti dal tempo.

La vuoi tu la mia sorte? Tu che pontifichi, la vuoi vivere tu la mia vita? Dov’eri mentre mi spezzano le ossa a randellate, dov’eri quando quella notte non riuscivo a guidare perché i miei occhi erano pieni di lacrime? Perché non mi hai preso le mani lerce? Puzzavo troppo di vomito e urina?  E allora, adesso, taci. Taci e non parlarmi più.

Ho chiuso il portone del mondo. Lascia che il toro mi incorni, non farà più male che non averti tra le braccia.

La vostra preoccupazione arriverà fino a mezzogiorno poi sarete di nuovo felici di non avermi partorito.