ORDINE

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I SETTE SACRAMENTI

ORDINE

Anni e anni di finzione, anni e anni in cui sono entrata nella porta sbagliata dei bagni pubblici, anni e anni in cui non ho negato la mia femminilità tagliandomi i capelli, usando deodoranti da uomo e lavandomi poco, anni e anni di ingestione di testosterone per mettere a tacere quelle voci insistenti, anni e anni di calzoni la cui gamma di colore andava dal nero al grigio topo con una sola eccentricità quando ne acquistai un paio marrone scurissimo, anni e anni di fasciature al seno maglioni larghi e spalle incurvate per non far vedere, per nascondere ciò che la natura mi aveva inflitto, anni e anni di studio per eccellere, perché nessuno indagasse più di tanto su quel tono di voce così poco maschile che pur mi era costato ore e soldi spesi da un bravo logopedista che non riusciva a capire perché volessi cambiare la mia voce dolce e suadente facendola diventare rasposa e scorbutica, anni e anni a cancellare un passato con falsi documenti, false fotografie, falsi paesi di origine, false parentele che ho dovuto estinguere.
Ma ce l’ho fatta.
Domattina mi imporranno le mani e sarò finalmente un tuo ministro. Mi affideranno una parrocchia e potrò celebrare la messa, ascoltare confessioni, aspargere col turibolo, comunicare, organizzare sagre e celebrare matrimoni. Sì, domani lo potrò fare. Stasera, qui, stesa a terra con le braccia allargate mi gusto la mia vittoria sola, sola con te che mi hai aiutato in questa finzione durata anni, perché senza il tuo aiuto non ce l’avrei mai fatta, da sola non ne avrei avuto la forza. Me lo dicesti quella sera in quel sognobambino e non l’ho mai dimenticato: “ La Chiesa ha ordinato sacerdote Maria, la madre del Cristo, ma in ogni donna c’è una Maria da ordinare” e io ti risposi “ Sarò come Maria” E i giuramenti che si fanno da piccoli nessuno deve provare ad infrangerli.
Da domani puoi chiamarmi Don Giovanni e ti giro che in me non ci sarà niente del Casanova e non mi vedrai mai lasciare l’abito talare per amore di una donna.
Di quello puoi stare sicuro.

UNZIONE

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I SETTE SACRAMENTI

UNZIONE

Mandatelo via, non è ancora il momento per farlo, è troppo presto non ve ne rendete conto? E piantatela di piangermi intorno. Come faccio a farmi sentire? Come mai non capiscono che sto urlando? Adesso riesco finalmente a capire le frasi di Joe Gideon. L’ira contro Dio che ha scelto me , proprio me che non avevo ancora finito quella commedia, che dovevo ancora telefonare alla Saura per confermare la data. Ma come si permette di interrompere così i miei impegni? Chi crede di essere? Si, è Dio, ma mi rifiuto per questa volta di accettare il destino che ha scelto e poi perché quella data? Perché non procrastinare, oddio come mi piace quella parola, e forse se gliela dicessi avrebbe un sussulto e si renderebbe conto che si è sbagliato, che mi ha confusa con un’altra, un’omonima, una che mi somiglia, una che ha i miei occhi ma non i miei pensieri o forse si è distratto un momento, va bene, è Dio, ma una pausa caffè se la sarà pur presa in tanti anni di vita. No, non voglio morire, toglietevelo dalla testa io in quel tunnel non ci finisco, mi aggrappo alle pareti, mi scortico le unghie ma dimenticatevi che mi lasci andare, risucchiata nella luce. Cazzo, vi pago, portatemi in America, in Svizzera, da un santone indiano ma non lasciatemi qui, voglio un altro medico, che cazzo ne sa quel dottorino, voglio il parere del mio medico condotto, di lui e solo di lui posso fidarmi. Ok, ok allora contrattiamo. Prendi mia cugina, è vecchia e antipatica lei, ammettilo per una volta anche tu, oppure prendi, ecco, prendi la zia è centenaria lei ha voglia di raggiungerti e io ti garantisco che cambierò vita, andrò anche a tutte le riunioni dell’Azione Cattolica, organizzerò le mostre per le missioni africane, ascolterò i drammi di quel pachiderma della Matilde che non sa mai se mettere sull’altare il merletto delle suore o quello sintetico della coop e continua a mangiare per vincere la sua timidezza, cos’altro vuoi che faccia? Dimmelo e lo farò ma non farmi morire, non adesso, mi sarebbe insopportabile. Ma tu non mi stai ad ascoltare vero? Allora sia fa come vuoi ma sia chiaro che io non sono d’accordo, che poi lo so come siete fatti voi e rigirate la frittata. Se credi che sia un bene che io ti raggiunga, se proprio non riesci a fare a meno di me, se hai bisogno di farti ogni tanto una sana risata, se vuoi una che sa giocare a briscola e a cuncincinna sono pronta a scivolare lungo il tunnel, ma per favore, dì a quel prete di piantarla di ungermi la fronte e mugugnare quelle parole o mi alzo improvvisamente dal letto e vi frego tutti quanti vendendomi alla concorrenza.

CONFESSIONE

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I SETTE SACRAMENTI

CONFESSIONE

Il sabato pomeriggio eravamo tutti in chiesa inginocchiati con le mani giunte e terrorizzati per quello che avremmo dovuto raccontare Io ripetevo mentalmente l’atto di dolore, pensa che figura se me ne fossi dimenticata un pezzo.
Ma peccati può avere una bambina di pochi anni? Che offese può aver arrecato a Dio? Che razza di abomini può aver compiuto da far piangere copiose lacrime alla Madonna? Non ho ubbidito ai miei genitori e ho litigato coi miei fratelli. Ok, ma mica posso dirgli solo questo? Che figura ci faccio? Devo pensare. Qualche altro peccato devo pur averlo fatto. Vicino a me si sedette Vanni che aveva avuto la fortuna di essere il primo ad andarsi a confessare. Sottovoce gli chiesi che peccati avesse confessato per trarne spunto ed arricchire la collezione dei miei, ma i peccati dei maschi mal si addicevano ad una femmina: io mica potevo dire al padre confessore che avevo fatto a pugni con Luigi dopo la partita a calcio perché mi aveva strattonato la maglietta e mi aveva fatto lo sgambetto durante l’azione. Dai sforzati, mi dicevo ma per quanto ci pensassi non ne trovai.
Fu allora che mi ricordai dei 10 comandamenti. Ne avrò pur infranto qualcuno, quelli sono peccati grossi, la signorina diceva che erano peccati mortali, quelli che ti mandano all’inferno direttamente senza neppure passare dal purgatorio e se ne avessi commesso anche uno solo sai che bella figura che ci avrei fatto?
Le bestemmie le avevo sentite certo dagli adulti ma non ne avevo mai detta una, la mamma diceva brutte cose di quelli che le pronunciavano, a messa ci andavo tutte le domeniche anche quando non ne avevo voglia come nelle giornate fredde e nebbiose di un inverno che non finiva mai, ecco forse sul quarto avevo dei dubbi: cosa significasse onorare il padre e la madre mi era rimasto oscuro, era una parola troppo difficile che mal si accostava ai miei genitori dunque decisi che non potevo averlo commesso, di uccidere non se ne parlava neppure se si escludevano le zanzare d’estate ma, si sa, quelle non contavano e quelle cose sporche che facevano le bambine poco serie , quelle grandi che si mettevano i collant e facevano le risatine quando vedevano i maschi io di certo non le avrei mai fatte perchè mi facevano schifo anche se non sapevo neanche cosa fossero. Di rubare non ne avrei mai avuto il coraggio e sinceramente avevo tutto quello che una bambina può desiderare anche la Barbi con gli accessori, ecco si qualche bugia potevo anche averla detta ma roba piccola non degna certo di menzione ad un prete sconosciuto e il nono e il decimo dei comandamenti mi ero convinta che non fossero rivolte alle bambine perché come si può desiderare una donna mi chiedevo nella più innocente incoscienza? Mi rimanevano i peccati veniali, ma visto che valevano meno che senso avrebbe avuto raccontarglieli? Gli avrei solo fatto perdere tempo.
Così, quando venne il mio turno gli dissi: ho solo 2 peccati da raccontarle, ma se mi lascia crescere farò in modo di arricchire la lista. Mi fece dire 3 ave ed un pater davanti all’altare della Madonna e mi sembrò di sentirlo ridere dietro la grata.

CRESIMA

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I SETTE SACRAMENTI

CRESIMA

Mi sono sempre chiesta se le signorine che fanno dottrina vadano nello stesso magazzino a comprarsi i vestiti: modelli informi, colori improbabili, spartane camicette allacciate fino al collo e un odore di naftalina nei cappotti inconfondibile. La mia signorina della dottrina aveva un che in più: la voce nasale cantilenante e capelli stopposi come quelli della Barbi dopo ripetuti lavaggi. Noi innocenti, dopo la messa, andavamo nella nostra aula e l’aspettavamo scommettendo sull’abbinamento di colori che avrebbe saputo accostare. Era timidissima ma preparata. “ Recitiamo bene la preghiera che dovete fare la cresima e diventare soldati di Dio”. In verità l’idea di fare il soldato mi piaceva parecchio, mi ci vedevo bene con la corazza e la spada in pugno come la pulzella di Orleans ed in attesa di indossare la mia divisa mi preparavo al meglio: non potevo sfigurare davanti al signor Vescovo che mi avrebbe confermato nella fede ed investito della carica. E poi quella cosa che mi entrava dentro lo Spirito Santo con la fiammella sulla testa anche se mi inquietava un po’, le fiamme libere sono sempre pericolose e vuoi vedere che mi si incendiamo i capelli, mi faceva sentire importante. Ero anche curiosa di vedere tutte le fiammelle sulle teste degli altri bambini, magari si poteva giocare a chi le spegneva con meno soffi o se a qualcuno la fiammella non appariva e allora sai che risate. A me no, doveva apparire, mi ero preparata bene, avevo studiato, avevo fatto la brava in casa e non avevo neppure litigato con le mie sorelle, sforzo che senza dubbio avrebbe assunto un grande valore agli occhi di Dio che sapeva bene che fatica che avevo fatto. E venne il giorno. In mutande e canottiera sullo scendiletto aspettai che mia madre mi prendesse l’abito luccicante con cui sarei diventata perfetta cristiana impugnando l’elsa dello spadone e quando finalmente me lo portò appeso sotto un cellophan sbarrai gli occhi e inizia ad urlare. Altro che corazza lucida, altro che lorica coriacea: era un candido vestitino da suorina con tanto di velo e al posto della spada mia madre mi ficcò un giglio bianco in mano stupendosi del mio brusco cambio di umore. Nelle foto ho sempre la testa bassa, ma non per una innata timidezza ma per la vergogna: al secondo appuntamento importante con Dio, ancora una volta vestivo un abito inadeguato.