P.A.

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Non sapevo cosa farmene di lei.

 

Guardavo il suo curricula  e mi continuavo a domandare perché.

 

III media, nessuna singolarità, nessun corso particolare, nessuna abilità specifica, nessun parente reduce/disperso/caduto di guerra, il marito senza inabilità e non entrava neppure nel gruppo delle donne vittime della mafia, del racket o dell’usura.

 

Da quando era stata vivamente segnalata per l’assunzione era intercorsa soltanto una settimana ed era entrata nella grande casa della pubblica amministrazione con la qualifica di impiegata. Il compito assegnatole era controllare l’esattezza dei codici fiscali degli utenti .

 

La sua produttività pari a zero: quei controlli non furono mai effettuati.

 

Ci mise una settimana per capire il funzionamento della macchina pubblica e iniziare a presentare certificati medici: una volta era la cervicale, l’altra un generico affaticamento, la volta dopo un imbarazzante problema nella seduta.

 

Improvvisamente riprese il lavoro regolarmente ma era impossibile trovarla in ufficio. Era sempre altrove a sentire le colleghe.

 

La vidi solo una volta davanti al computer collegata ad un sito internet di manga giapponesi.

 

Mandai una lettera di richiamo.

 

I sindacati si infuriarono, ci fu uno sciopero e fui redarguito del ministro.

 

Solo allora capii.

 

Trasferii il soggetto nell’ultimo ufficio lungo il corridoio, quello che porta al bagno, con un incarico determinato: controllare se il numero di strappi della commessa della carta igienica per l’ufficio corrispondesse alle specifiche del bando.

 

Ora chi si reca in bagno deve passare da lei per ritirare il numero di foglietti necessari a seconda dell’operazione che si appresta a compiere.

 

Ho notato, che di fronte a bisogni fisici, è scomparso lo spirito di corpo e l’assenza della collega mi è prontamente segnalata.

 

Non mi aspetto riconoscimenti, encomi, promozioni.

 

Mi basta sapere che non fregheranno più la Pubblica Amministrazione sul numero di strappi.