DISINGANNO

botero, circo, pagliacci, tendone, clown, circo mediatico, risate, tristezza, dolore, indifferenza, paura

La Lolli deve aver perso 30 chili buoni se non mi inganna l’occhio critico femminile che valuta il peso di un’altra donna meglio di una bilancia atomica.

Impossibile non chiederle della diete che deve aver fatto.

Beveroni? Dissociata? Selezionando i colori degli alimenti? A piramide? Dieta Dukan o dieta tisanoreica? Del minestrone, della mela, del cioccolato? O si è operata? Impossibile perdere tanti chili in così poco tempo senza un intervento chirurgico. Dunque cosa si è fatta tagliuzzare? Lo stomaco? Si è fatta inserire il palloncino, ha utilizzato quella nuova con l’alimentazione extracorporea, quella del sondino che infilato nel naso ti arriva direttamente nello stomaco e tu ti aggiri per la città con il tuo tubino nel naso e una scatola sulla schiena, modello gobbo di Notre Dame, che ti alimenta artificialmente?

No. Ho avuto la depressione. Lavoro sospeso per tre mesi in cui sono stata tappata in casa a piangere a guardare la tv giorno e notte, senza lavarmi, senza rispondere al telefono, senza parlare con nessuno se non con mia madre,robusta donna di campagna a cui è oscuro anche solo il termine depressione, che cercava inutilmente di tirarmi su il morale ripetendo come un refrain: non c’è niente che non passi con una bella mangiata di maccheroni al pettine.

“E sai perché ci sono cascata? Perché ho sempre creduto che il mio lavoro coi disabili fosse importante e mi sono messa in gioco. In modo totale, assoluto. Per loro, per le loro famiglie, per bloccare il disagio che avevo dentro quando mi chiedevano aiuto e io non avevo fondi, mi chiedevano consigli e mi trovavo davanti alla burocrazia a cui non interessano i diversamente abili, non interessano i celebrolesi, i down, gli spastici e gli handicappati in genere.

Ci sono cascata quando ho capito che per la politica, che si riempie la bocca di belle parole e sventola bandiere per i gay, i diversi, gli zingari, i mussulmani e anche per la vacca di Maini, gli handy non contano perché non sono un bacino di voti.

E allora ho pensato a questi parolai che urlano nelle tribune e perdono la voce quando in Giappone chiudono tutti i ragazzi handicappati in un edificio a tre chilometri da Fukushima con provviste per tre mesi, soli, indifesi, in attesa di morire e ho visto i loro visi appiccicati ai vetri e i loro sorrisi, nonostante tutto. Nessun giornalista ne ha parlato, nessun governo si è adoperato per terminare l’orrore.

Venghino, signori, venghino, abbiamo radunato il raccapriccio, ultima chiamata.

Ecco perché sono dimagrita, ecco perché per tre mesi non ho dormito: appena chiudevo gli occhi vedevo i loro occhi, la loro bocca senza denti, il loro disperato bisogno di amore”.

 

BIVIO

37119e9d99e40c0fa2607f157a7b1807.jpgC’è solo un vetro che ci separa. Il vetro di un autobus.

E’ la mia protezione da te da quando sei mesi fa ti sorrisi. Educazione, gentilezza, pietà.

Non so esattamente cosa fece scattare le mie labbra. Ma non era disprezzo e neppure derisione. Forse i tuoi pantaloni troppo larghi o le tue infradito sotto la pioggia. La consapevolezza che l’unico punto che potevamo avere in comune era l’età. E così era diventato un appuntamento mattutino. Sapevo che alla fermata di via Santo Stefano ti avrei visto seduto sul marciapiede, avresti alzato il viso verso il mio finestrino e senza muovere un muscolo avresti girato la faccia dall’altra parte.

Ma quella mattina non incrociai solo il tuo sguardo. Tirasti fuori la lingua ed iniziasti a muoverla imitando un cunnilingus.  Non ho staccato gli occhi e tu non hai smesso rimuovere la lingua fin quando il bus non è ripartito. Solo allora sei scoppiato in una risata. Grassa, volgare.

Vedi, l’abito che porto non mi permette di esprimere le emozioni che provo soprattutto se sono contrarie alla morale comune. Ma io ti ho odiato e l’indulgenza, il cercare di capire le tue miserie sono crollate come un muro lesionato da un terremoto ed è rimasto il vuoto.

Per questo continuo a guardarti ogni mattina.

Ogni mattina fino a questa mattina. Perché stasera la baracca in cui dormi prenderà fuoco così come il resto del campo nomadi dove vivi. Ci saranno urla, pianti, morti e un fuggi fuggi generale tra il fumo acre, ma tu rimarrai legato alla tua branda e brucerai con lei.

Sono una suora e devo perdonare.

Ma sono anche una donna.

La tua lingua ha finito di roteare nella mia testa trascinandomi in peccato. Il castigo sarà mio.

Le fiamme puliscono, purificano, santificano.

Siane lieto.

ORCHITE

4ea27581f47d781b88ddf785deb9f14b.jpg

Gli zingari? Appena figliano togli loro il pargolo e lo fai adottare: nel giro di tre generazioni il problema non esiste più.

Marocchini irregolari? Prendi il lanciafiamme: se hanno un lavoro e una casa possono proseguire altrimenti si preme il pulsante.

Cinesi? Si sindacalizzano. Tesseramento obbligatorio e fine della concorrenza.

Carcerati? Gli metti una palla di ghisa ai piedi e li metti su una cyclette, collegata ad una centrale elettrica a pedalare, dalle 5 di mattina alle 5 di sera con due turni di lavoro. Risolto anche il problema dell’energia pulita.

Dici che sono esagerato?

No, ne ho solo le palle piene.