HOLIDAY

 

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Lo so che a volte dovrei tacere e conosco anche il detto “Il bel tacer non fu mai detto” ma confesso che questa volta non ce l’ho fatta.

C’era molta agitazione in casa perché la Cicci non dava notizie da ben due giorni. In una famiglia normale una figlia in vacanza in Africa che non da notizie da due giorni è cosa normale: c’è il viaggio, la difficoltà a comunicare con mezzi tecnologicamente avanzati, la libertà di non avere rapporti con la civiltà. Ma due giorni per dei genitori apprensivi, coccolosi, iperprotettivi sono tanti, troppi perché l’adrenalina non salga, inizino le notti insonni e si scatenino le risse famigliari, partano telefonate a parenti, amici, fratelli e sorelle.

Così squilla il telefono di casa e vengo investita da una valanga di parole . Per un momento il mio timpano si spatarra contro la tromba di Eustacchio.

“Respira, prendi fiato e racconta”

“Cosa vuoi che racconti? L’ultima volta che l’abbiamo sentita era nella savana del Burundi e dormiva in una tenda e c’erano dei leoni che giravano attorno all’accampamento!”.

“E tu hai la pretesa che nella savana del Burundi in una tenda ci sia campo? Credi che vada in giro col cellulare nella notte cercandolo in mezzo ai grossi felini? E’ questo che vuoi? Sai che lei ama i viaggi avventura, le vacanze in luoghi esotici, deve stupire gli amici, essere invidiata dal mondo “

“Ma io sono preoccupata, tuo padre è preoccupato, la cagnina è preoccupata”

“Mamma, se andava a Cesenatico non sarebbe successo”

“Sei una cretina!”

“ Ma va?”.

SLIGHT

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Se mi confronto con te, perdo.

Per il tuo modo di allargare le braccia quando ti faccio richieste impossibili da esaudire, quasi sdegnato per la mia insistenza. Per i tuoi baci leggeri accompagnati dal lieve tocco della tua mano sui miei capelli e la serietà del tuo viso che si confonde coi tuoi pensieri disordinati.

Non ricordo il tempo in cui ho iniziato a cercare di capirti senza mai vincere. Tu chiuso nel tuo mondo io distratta dal mondo.

Ci furono incontri sbagliati, persone sgradevoli, tanto amore malato e poi rifiuti, urla, rimozioni, pianti, i miei mai i tuoi, esoneri e battaglie.

Crescere è un mestiere in cui ho cercato di applicarmi incassando le sconfitte, anche quelle grosse dal magone in gola, senza mai dimenticare i particolari del dolore, quello stesso dolore che potevo solo immaginare anche tu provassi senza mai poterlo urlare, sempre contenuto, sempre inespugnabile, sempre nell’ombra per non disturbare la voglia di esuberanza che mi faceva scoppiare in una risata contagiosa cui tu restavi immune, come se il sorriso tu lo avessi smarrito quel giorno in cui mi dicesti “ Adesso basta, so dov’è il mio male, è qui” e indicasti il punto con l’indice.

Ora continuiamo a volare in direzioni opposte ma c’è un momento, ogni giorno, in cui in nostri occhi s’incontrano ed io capisco di aver perso da sempre e vorrei alzare bandiera bianca e in quello stesso istante tu accosti la tua mano ai miei capelli e li sfiori appena garantendomi l’onore delle armi. “Ma, non oggi, oggi non è ancora il tempo” E lo dici senza usare le parole, senza sorridere. Basta l’abbassare delle tue palpebre.

 

DISINGANNO

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La Lolli deve aver perso 30 chili buoni se non mi inganna l’occhio critico femminile che valuta il peso di un’altra donna meglio di una bilancia atomica.

Impossibile non chiederle della diete che deve aver fatto.

Beveroni? Dissociata? Selezionando i colori degli alimenti? A piramide? Dieta Dukan o dieta tisanoreica? Del minestrone, della mela, del cioccolato? O si è operata? Impossibile perdere tanti chili in così poco tempo senza un intervento chirurgico. Dunque cosa si è fatta tagliuzzare? Lo stomaco? Si è fatta inserire il palloncino, ha utilizzato quella nuova con l’alimentazione extracorporea, quella del sondino che infilato nel naso ti arriva direttamente nello stomaco e tu ti aggiri per la città con il tuo tubino nel naso e una scatola sulla schiena, modello gobbo di Notre Dame, che ti alimenta artificialmente?

No. Ho avuto la depressione. Lavoro sospeso per tre mesi in cui sono stata tappata in casa a piangere a guardare la tv giorno e notte, senza lavarmi, senza rispondere al telefono, senza parlare con nessuno se non con mia madre,robusta donna di campagna a cui è oscuro anche solo il termine depressione, che cercava inutilmente di tirarmi su il morale ripetendo come un refrain: non c’è niente che non passi con una bella mangiata di maccheroni al pettine.

“E sai perché ci sono cascata? Perché ho sempre creduto che il mio lavoro coi disabili fosse importante e mi sono messa in gioco. In modo totale, assoluto. Per loro, per le loro famiglie, per bloccare il disagio che avevo dentro quando mi chiedevano aiuto e io non avevo fondi, mi chiedevano consigli e mi trovavo davanti alla burocrazia a cui non interessano i diversamente abili, non interessano i celebrolesi, i down, gli spastici e gli handicappati in genere.

Ci sono cascata quando ho capito che per la politica, che si riempie la bocca di belle parole e sventola bandiere per i gay, i diversi, gli zingari, i mussulmani e anche per la vacca di Maini, gli handy non contano perché non sono un bacino di voti.

E allora ho pensato a questi parolai che urlano nelle tribune e perdono la voce quando in Giappone chiudono tutti i ragazzi handicappati in un edificio a tre chilometri da Fukushima con provviste per tre mesi, soli, indifesi, in attesa di morire e ho visto i loro visi appiccicati ai vetri e i loro sorrisi, nonostante tutto. Nessun giornalista ne ha parlato, nessun governo si è adoperato per terminare l’orrore.

Venghino, signori, venghino, abbiamo radunato il raccapriccio, ultima chiamata.

Ecco perché sono dimagrita, ecco perché per tre mesi non ho dormito: appena chiudevo gli occhi vedevo i loro occhi, la loro bocca senza denti, il loro disperato bisogno di amore”.

 

HEAVEN

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Sinceramente avrei preferito trascorrere la giornata di oggi in casa seduta sulla mia poltrona preferita a guardarmi la tv dopo aver dato una scorsa ai giornali, ma in casa c’era fibrillazione. Hanno prenotato il ristorante, chiamato una valanga di cugini, nipoti, figli di cugini e figli di secondo letto. Sono arrivati cesti di fiori con imbarazzanti biglietti d’auguri. Quella scorbutica della portiera mi ha portato una primula gialla ed apprezzo lo sforzo. Mi hanno svegliato alle 6 e io detesto da sempre le levatacce e come se non bastasse mi hanno obbligata a farmi la doccia come se non sapessero che ogni mattina assolvo queste elementari abluzioni corporali anche senza il loro aiuto, poi sono andate attorno al mio armadio, quello in noce comprato quando mi sposai 70 anni fa: lo scegliemmo insieme, io e il mio Peppo, anche se costava tanto ma lo pagammo fino all’ultima lira e non ce ne siamo mai separati.  In quell’armadio c’è ancora un suo paio di pantaloni, il resto lo diedi alla Caritas ma quelle braghe da lavoro non le ho mai volute lasciare, raccontavano troppo di noi. 

Vuoi proprio che te lo dica? Va bene. Non è tanto invecchiare che mi da fastidio quanto il modo con cui le persone si approcciano a te quando scoprono che ho 90 anni.

Di solito iniziano con una trasformazione della mimica facciale che si modifica da uno stato lievemente alterato ad una smorfia di finto stupore meravigliato seguito da un campionario di gridolini che vanno dal ohhhh , ma daiiiiiii, nooooo a cui seguono frasi del tipo: ma non ci posso credere, al massimo te ne danno 50, io non ci arriverò mai alla tua età, a te chi ti ammazza e via dicendo. Vogliamo anche parlare del tono di voce che usano? Perché non si limitano a dire stronzate con il tono pacato adatto a civili conversazioni. No. Devono per forza urlarti queste stupidaggini nelle orecchie scandendo sillaba dopo sillaba quasi fossi sorda o peggio non capissi il significato delle inutili parole che pronunciano.

E adesso che stanno mangiando come una mandria di mufloni che ha attraversato le praterie coast to coast, si , adesso che sta entrando la mia torta con le 90 candeline canoniche e iniziano a cantare tanti auguri a te, proprio adesso mentre i tappi dello champagne saltano e l’orchestrina inizia a suonare

Heaven, I’m in Heaven,
And my heart beats so that I can hardly speak;
And I seem to find the happiness I seek
When we’re out together dancing, cheek to cheek.
Heaven, I’m in Heaven,
And the cares that hung around me thro’ the week
Seem to vanish like a gambler’s lucky streak
When we’re out together dancing, cheek to cheek.
Oh! I love to climb a mountain,
And to reach the highest peak,
But it doesn’t thrill me half as much
As dancing cheek to cheek.

vuoi vedere che vi pianto in asso?

Si, Peppo, la ballo ancora una volta con te.

CALCOLI

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Così un giorno avverti un dolore cupo sordo tra le tette. Pensi ad un infarto poi muovi il braccio e tendi ad escluderlo. Allora cosa mi sta succedendo? Tra le tette non c’è un organo rilevante ammesso che lo sterno sia irrilevante ma conosco la sensazione delle ossa rotte ed escludo.  Si va dal medico. Dolore di riflesso, dice, va a fare le analisi. Ecografia. Scopro così che l’ecografia non spetta solo alle donne incinte ma anche a chi ha i calcoli alla colecisti. Che questi sono bastardi perché mica li passi con l’acqua come per i calcoli renali. No. Questi si tolgono solo togliendoti la colecisti. Ora io sono affezionata alle parti del mio corpo che mi sono state date in consegna e non vorrei che un giorno mi si chiedesse “E tu che ne hai fatto della colecisti che ti avevo dato?!??!” Mica posso dirgli “Sa, Altissimo, me la sono lasciata togliere da un chirurgo” come minimo me la fa pagare e chiamiamoci fortunati se non mi applica anche una penale. Dunque me la tengo e cambio il regime alimentare. Che detto così sembra semplice se non fosse che abito in Emilia terra di maiali, gnocco fritto, cappelletti, salame e dove l’unico condimento possibile sembra essere il burro.

Io che vivevo di caffè e sigarette mi trovo a lottare con la signora igienista salutista biologicista slowfoodista macrobioticista davanti allo scaffale dei cibi bio per un pacchetto di farro e pane di segale nero. Sia mai detto che ingaggio una guerra per l’orzo perlato: sorrido e mi dirigo velocemente verso il banco degli affettati: un etto di mortadella e fanculo lo yin e lo yang l’aura e il metabolismo, il cosmo e le congiunzioni astrali i medici gli esami e la vacca che ti ha fatto. Per usare una citazione cinematografica, io, oggi, Frankly, my dear, I don’t give a damn“.

 

 

VOLTASTOMACO

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La parola magica è solidarietà. Giuro che a prossima persona che la pronuncia si trova con la faccia appiccicata al muro come una mosca schiacciata con lo scopino. La nuova moda, da noi, è creare il “banco alimentare” parrocchiale. Niente di male, ottima iniziativa. Ogni parrocchia si va a rifornire in romagna di ogni ben di Dio, tanto per restare in argomento. Così si porta a casa dai prosciutti al grana, dal vino al lardo di colonnata, dal succo d’arancia alla farina biologica senza dimenticare i formaggini, il latte, salami, mortadella, yogurt, pasta di ogni tipo e dimensione, sughi pronti, budini, panna cotta, brioches e merendine.

Facendo una stima approssimativa, ma mi si perdonerà perché non sono una beghina baciapile, il 75% finisce nelle cene parrocchiali, vuoi per sant’Antonio, vuoi per il carnevale dei bambini,vuoi per raggranellare soldi per i poveri negretti del Benin. Del 25% che rimane togliamone ancora un buon 10% perché i mussulmani che vengono in parrocchia a ritirare mestamente la loro sportina, buttano via tutti gli insaccati e gli alcolici. Un 10 %finisce a casa dei solidari, perché va bene fare beneficienza ma qualcosa per la mia famiglia me lo dovrò pur prendere no? Resta un 5% che finisce effettivamente a casa di chi, superando l’imbarazzo, si reca in canonica il sabato mattina per ritirare l’”aiuto alimentare”.

Ma in fondo hanno ragione, loro, gli organizzatori fanno volontariato credendo nella solidarietà.

Ho un leggero senso di nausea.

 

EXVOTO

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Beh, si, so che non va più di moda è che mi sento in debito e io i debiti li pago. Stavo volando dal terzo piano del mio palazzo e pur sforzandomi di calcolare la velocità riesumando ricordi scolastici per cui spazio= Spazio Iniziale+Velocità * Tempo + ( Accellerazione* (Tempo^2))/2  l’unico pensiero fisso è che l’impatto non sarebbe stato gradevole. Fu allora che aprii le braccia per cadere in piedi perché di testa ne avevo una sola mentre di gambe due e senza gambe si può vivere mentre con la testa sfracellata no. Ma non è solo perché sono viva che vado a Santiago di Compostela in ginocchio con il cuore d’argento con inciso GR . Mi sto scorticando le ginocchia per un’altra grazia che Nostro Signore mi ha concesso: mentre mio marito mi spingeva oltre il parapetto del terrazzo deve aver perso l’equilibrio o io devo averlo afferrato molto stretto per trascinarlo con me, fatto sta che mi ha oltrepassato mentre cadeva diventando il mio ammortizzatore con la sua pancia.

Quale atto d’amore maggiore può avere un uomo per la sua donna? Il resto, del perché e del percome, lo lascio ai curiosi e a quella stronza della sua amante che non si capacita che io sia viva e lui no.