VOLTASTOMACO

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La parola magica è solidarietà. Giuro che a prossima persona che la pronuncia si trova con la faccia appiccicata al muro come una mosca schiacciata con lo scopino. La nuova moda, da noi, è creare il “banco alimentare” parrocchiale. Niente di male, ottima iniziativa. Ogni parrocchia si va a rifornire in romagna di ogni ben di Dio, tanto per restare in argomento. Così si porta a casa dai prosciutti al grana, dal vino al lardo di colonnata, dal succo d’arancia alla farina biologica senza dimenticare i formaggini, il latte, salami, mortadella, yogurt, pasta di ogni tipo e dimensione, sughi pronti, budini, panna cotta, brioches e merendine.

Facendo una stima approssimativa, ma mi si perdonerà perché non sono una beghina baciapile, il 75% finisce nelle cene parrocchiali, vuoi per sant’Antonio, vuoi per il carnevale dei bambini,vuoi per raggranellare soldi per i poveri negretti del Benin. Del 25% che rimane togliamone ancora un buon 10% perché i mussulmani che vengono in parrocchia a ritirare mestamente la loro sportina, buttano via tutti gli insaccati e gli alcolici. Un 10 %finisce a casa dei solidari, perché va bene fare beneficienza ma qualcosa per la mia famiglia me lo dovrò pur prendere no? Resta un 5% che finisce effettivamente a casa di chi, superando l’imbarazzo, si reca in canonica il sabato mattina per ritirare l’”aiuto alimentare”.

Ma in fondo hanno ragione, loro, gli organizzatori fanno volontariato credendo nella solidarietà.

Ho un leggero senso di nausea.