PALCOSCENICO

 

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Quella sera la piazza era deserta.
Il palco del comune era spoglio, le luci spente, la gente dormiva con le finestre accostate. Solo i lampioni illuminavano le assi ancora bagnate dal temporale appena passato. Era il tempo del nostro amore felice, delle notti che non finivano mai, dei discorsi interrotti da altri discorsi per la voglia e la necessità di continuare a sentire il suono delle nostre voci accavallate dalle parole e dalle risate.
Ti sei seduto in prima fila, su una sedia bianca di plastica ancora bagnata e hai aspettato che iniziasse lo spettacolo.
Ho recitato per te quella sera, per te che mi guardavi sorridendo e scuotendo la testa quando improvvisavo passi di danza da ballerina classica senza neppure conoscerne le posizioni elementari e non avendone la postura.
Ho recitato per te quella sera e fingendomi mimo dipanavo la nostra storia d’amore nata per caso sulla panchina del parco dopo la mia prima gaffe su tua madre che era morta da tempo.
Ho recitato per te quella sera il monologo senza senso di Lucky dell’Aspettando Godot di Beckett la simbologia di quel sapere fatto di parole ma privo di significato.
Ti ho sentito, sai, quando quel vecchio che tornava dall’osteria a piedi, si è fermato a guardarmi. Si è seduto vicino a te e tu dandogli una gomitata sul fianco gli hai detto: “La vede com’è brava? E’ la mia donna.” “Lei è un uomo fortunato” ti ha risposto in dialetto ma tu lo sapevi già e hai solo annuito.
Mi avete applaudito assieme e io ho ringraziato con un inchino da damina.
Non ho mai più avuto un pubblico così attento.

PAGLIACCIO

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Dopo l’ennesimo litigio fatto di urla, pianti, rottura di bicchieri e lancio di vasi e portaritratti, me ne ero andata sbattendo la porta come nelle migliori commedie di Feydeau. Le uscite teatrali sono sempre state il mio forte.
Era periodo di quaresima. Forse è per quello che la gente che mi incontrava per strada sgranava gli occhi e rideva, le mamme coprivano gli occhi hai bambni e i vecchi scuotevano la testa borbottando:- Ma dove andremo a finire?-
Ero un pagliaccio perfetto quando ho suonato al cancello di casa tua: il viso con la biacca bianca, le labbra allargate con la matita rossa e i coriandoli che cadevano sulla tua testa dopo che il mio pugno si era aperto per lanciarteli. Hai presente i nasi rossi tondi da clowns? Quello l’avevo sistemato sul naso. Poi immagina un abito enorme a strisce colorate. I calzoni erano stretti alle caviglie per esagerare ancora di più l’abbondanza della stoffa. Intorno al collo una gorgiera bianca di tulle rigido. I capelli li avevo lasciati com’erano, non c’è differenza tra la mia testa spettinata e una parrucca di riccioli
Sei rimasto sulla porta di casa, appoggiato al muro, sorridendo, mentre tuo nonno imprecava contro quei cerchi di carta colorata che avevano sporcato il marciapiede e che ad ogni colpo di scopa volavano via.
Poi mi hai preso la mano e mi hai fatto entrare in casa.

MANI

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Quelle mani calde come pani,
che si adagiano sulla brace violenta
di una ben stanca vita,
quel tuo volto
animato dalla follia
(che follia voler bene agli altri!).
Mi domando, a volte,
se le tue orecchie
sono gonfie di musica
o piene di polline vivo.

RISO

Il primo sguardo, il primo bacio, la prima notte d’amore, il primo appuntamento non sono niente in confronto con la prima risata che si fa insieme.Anche se, ciò che pensai allora fu un semplice: simpatico, il ragazzo.

DISTRAZIONI

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Devo essere una donna distratta. Continuo a perdere gli uomini
Uno l’ho dimenticato sul palco di un teatro, era vestito di bianco e fumava lentamente sigarette nazionali, un altro credo di averlo perduto a Imola al Gran premio, lo chiamai con un nome diverso dal suo e forse si offese. Uno l’ho mollato in riva al Po e piangeva ma non riuscivo più a toccarlo e ho riavvolto il plaid. Vittorio l’ho smarrito in un ospedale psichiatrico ricoverato perché alcoolizzato e gli si erano spenti gli occhi. Quello che ho perso a Praga aveva un intercalare buffissimo, ma li’ è stato facile, cammina molta gente sul Ponte Carlo, mentre è stato molto più difficile perdere l’uomo con velleità letterarie che mi riempiva di sciocche, banali e scontate poesie d’amore scritte da lui Ero diventata allergica alla poesia. Ho scordato, nel giardino di casa sua, l’uomo che mi faceva potare la siepe di pungitopo e aveva la casa più sporca e disordinata che abbia mai visto. Gabriele lo volli perdere quando mi disse, al mio ennessimo rifiuto:- Tu non ti sposerai mai, non sei fatta per sposarti- Se mi avesse sputato in faccia mi avrebbe fatto meno male. Quello bello, oddiocomerabello, l’ho ceduto in cambio di una libertà obbligatoria che mi aveva imposto, mentre l’uomo dalla voce che feconda lo barattai con una prima all’arena di Verona
E’ te che non riesco a smarrire.
Ritorni puntuale come l’anticiclone delle Azzorre nella mia testa
Vorrei portarti al mare e sentire finalmente l’altoparlante che dice: Achtung – achtung! E’ stato smarrito un uomo: indossa costume nero con una striscia verde. Chi lo avesse trovato è pregato di portarselo a casa. Non sporca, è tranquillo, beve molto ma non è violento, non perde il pelo e poi è così cretino che vi ci affezionerete.

Li perdo, ma non riesco a dimenticarli.

RONDINI

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E va bene. Lui se n’è andato. Non ha neppure sbattuto la porta. Non fa parte del suo stile. Lui è del genere “nonperdomailapazienza e lasciochemisaltelliintornocome PimpinellalaSbruffoncella.
E adesso?
Dopo aver passato una settimana battendomi il petto come le novizie terziarie domenicane, dopo aver tentato di far parte della milizia dell’Immacolata polacca in sede staccata, adesso decido di smettere e ricomincio tutto da capo. E’ quello che ti dicono tutte le amiche no? Uno che va cento che trovi….
Dove?
Voglio dire dove li trovi? Dove si sono nascosti? Perché non escono allo scoperto? Come si sono mimetizzati? Devo vestirmi come Karen Blixen in safari un per trovare un uomo? Potrei provare col macellaio del supermercato che mi fa battute a doppio senso tutte le volte che gli chiedo una fettina di carne, oppure potrei provarci col vigile che mi ha appena contestato le cinture di sicurezza e perché no col benzinaio sotto casa che vuole sempre aggiungere olio al motore e mi regala punti in più per la raccolta lontano dagli occhi indagatori di sua moglie. Aspettando il mio turno dal dentista sfogliando distrattamente Donna Modena, ho trovato solo uomini con denti bacati e alito che ricordava il cenone di capodanno. Li potrei adescare sulla pista ciclabile ma sudo troppo e non sono molto sexy mentre mi scendono i goccioloni e ho viso paonazzo dallo sforzo e non ho neppure un cane da portare a fare pipì ad orari stabiliti. Potrei anche cercarli sulla pista da ballo della Festa dell’Unità ma hanno le mogli attaccate come zecche e se permettete posso permettermi di meglio che un uomo che puzza di aglio e di fritto come un cinese di Guillin.
Inizio seriamente a pensare che potri aprire la cam a tutti i segaioli da chat che si offrono per: 1° fartelo vedere
2° eccitarti mostrandotelo
3° vederlo masturbarsi
Un tempo almeno questi annunci avevano un che di dignitoso. Leggevi per esempio sul giornale, sezione annunci: distinto trentacinquenne, insegnante, timidissimo, incontrerebbe ragazza nubile seria per giochi erotici a scopo didattico. Dove? Dove siete? E tu dove sei?
Se le rondini avessere visto i tuoi capelli ci avrebbero fatto il nido dentro, ma non sapevi, che una casa con un nido di rondini è una casa fortunata.

SCUSAMI

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Scusami. Non so neppure quante volte te l’ho domandato e per quante volte tu l’abbia fatto. Scusami di tutto l’odio che ti ho buttato addosso sentendomi ferita, scusami per gli scatti d’ira, per l’irruenza che metto nell’afferrare la vita, scusami per le parole dette con la rabbia che solo i ricordi sanno generare. Adesso devo solo dimenticarmi di te. Smettere di pensarti, smettere di domandarmi dove sei e con chi sei e se tornerai a casa ubriaco o ti fermerai in piedi appoggiato all’albero a vomitare, devo imparare a smettere di controllare la posta sperando che tu mi abbia scritto e smettere di guardare le tue foto mentre sorridi con gli occhiali nuovi, smettere di aver voglia di te. Una volta ti scrissi che se lo scrivere mi da da vivere ho bisogno di te per continuare a farlo. Ma non posso pretendere che tu continui a starmi vicino senza neppure percepire le royalties. Non ho mai fatto parte della tua vita. L’ho solo sfiorata di striscio come un’auto che sfiora il guard-rail in un sorpasso azzardato. Non me lo hai mai, giustamente, permesso. Mi sono concessa il lusso di sognarlo così come ho sognato di te quella notte e dei tuoi capelli neri e del sudore che scendeva dalla tua fronte cadendomi in faccia mentre mi scopavi e della tua bocca umida che mi sorrideva. Eri talmente reale nel sogno che al risveglio ero esausta come dopo una notte di sesso. E allora ringrazio Dio di avermi concesso, per un anno, di starti vicina, come potevo anche se non come avrei voluto. Hai ragione quando dici che non sono una ingenua ma per una volta ho sperato che le cose andassero in maniera diversa e devo darti ancora ragione quando dici che non mi hai mai fatto promesse ma le illusioni nascono senza che tu ne possa fermare la crescita. Tu sei speciale, non io.Tu hai una vita speciale, non io. E non è vero che sia inutile o meschina. Io sono inutile e meschina. Io, che ti invidio la pazienza che hai nello spiegarmi le cose, la precisione che metti nel tuo lavoro, la dolcezza che hai avuto con me, io che posso solo invidiare la bellezza della tua famiglia e il rapporto che riesci ad instaurare con i tuoi amici. Invidierò le fragole che ti incontreranno senza rendersi conto della fortuna di poter vedere il tuo sorriso e le tue gambe lunghe, invidierò il tuo letto tutte le notti. Ti ho sempre creduto capace di capire tutto, e questo è assai più raro che perdonare tutto. E ora ti dico addio, con infinita dolcezza, e ti chiedo di nuovo scusa, il più umilmente possibile, non tanto per le cattiverie che ti ho detto, ma per averti importunato per tanto tempo.