ME

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me venuta in italia da albània.là molta miseria. scusa mio italiano ma io imparato dalla tv. In albània vedo sempre tv italiana con satellite taroccato.piace molto. Vincere molti soldi in italia con giochi televisivi. In italia i soldi molto facili, qui tutti ricchi basta fare telefonata. Da voi tutti ricchi tutti belli specie donne che più sono ricche meno si vestono. me faccio pulizie in casa di signora e curo vecchio ma mio sogno e’ fare ballerina in programma di maria. maria veste come albanese forse anche lei trova vestiti nei centri di aiuto a extracomunitari per questo a me piace molto. non avere soldi per fare scuola di balletto ma faccio esercizio tutti i giorni quando c’è raduno di albanesi alle 7 di sera sulla riva del grande fiume.dovresti vedere come essere veloce a saltare quando nutria sale da sponda e tenta di mordermi perché disturbata. Non essere metodo di scuola del bolscioi ma garantire aiuta molto nella prontezza riflessi dopo il primo morso. me venuta in italia con mio amico che mi ha fatto fare puttana per molti mesi poi io fuggita lui trovata e dato tante botte e me scappata ancora e andata da don benzi che trovato lavoro.vivo in monolocale con altre ragazze di albània e una senegalese che fare me treccine perché detto che devo essere personaggio per sfondare in tv e dato consiglio: tu giustificare tutte tue parole, tutto tuo modo di fare dicendo che sei VERA lei ha capito che puoi insultare chiunque, fare maleducata urlando, offendere e dire bugie ma poi dire che lo fai perché sei VERA e allora andare tutto bene e nessuno arrabbiarsi con te. Strano paese italia in albània saresti una villana qui diventi una stella di tv. Piace molto italia, quasi quasi chiamo anche mia cugina, lei maleducatissima farà successone e tanti soldi.

PALCOSCENICO

 

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Quella sera la piazza era deserta.
Il palco del comune era spoglio, le luci spente, la gente dormiva con le finestre accostate. Solo i lampioni illuminavano le assi ancora bagnate dal temporale appena passato. Era il tempo del nostro amore felice, delle notti che non finivano mai, dei discorsi interrotti da altri discorsi per la voglia e la necessità di continuare a sentire il suono delle nostre voci accavallate dalle parole e dalle risate.
Ti sei seduto in prima fila, su una sedia bianca di plastica ancora bagnata e hai aspettato che iniziasse lo spettacolo.
Ho recitato per te quella sera, per te che mi guardavi sorridendo e scuotendo la testa quando improvvisavo passi di danza da ballerina classica senza neppure conoscerne le posizioni elementari e non avendone la postura.
Ho recitato per te quella sera e fingendomi mimo dipanavo la nostra storia d’amore nata per caso sulla panchina del parco dopo la mia prima gaffe su tua madre che era morta da tempo.
Ho recitato per te quella sera il monologo senza senso di Lucky dell’Aspettando Godot di Beckett la simbologia di quel sapere fatto di parole ma privo di significato.
Ti ho sentito, sai, quando quel vecchio che tornava dall’osteria a piedi, si è fermato a guardarmi. Si è seduto vicino a te e tu dandogli una gomitata sul fianco gli hai detto: “La vede com’è brava? E’ la mia donna.” “Lei è un uomo fortunato” ti ha risposto in dialetto ma tu lo sapevi già e hai solo annuito.
Mi avete applaudito assieme e io ho ringraziato con un inchino da damina.
Non ho mai più avuto un pubblico così attento.