INTEGRAZIONE

 

Botero-Marta (1).jpg

Mi vergogno di essere italiana.

Si. Mi vergogno, cari colleghi. Mi vergogno di sedere in questa giunta. Non credevo che un paese come il nostro potesse covare tanta rabbia, tanto razzismo, tanta intolleranza.

Noi dobbiamo intervenire per impedire che uomini, che esseri umani, ancorchè neri, vivano nello stato pietoso in cui li ho trovati quando sono stata nella periferia nord della nostra bella città. Immondizia ovunque, cloache usate come abitazioni, fogne a cielo aperto e un olezzo insopportabile anche per me che sono abituata a stare in mezzo a voi. No, non offendetevi. Sapete come mi è caro il prossimo, sapete come mi sono sempre battuta per i diritti umani. E’ dunque intollerabile che questi giovani stalloni neri debbano vivere abbruttiti in mezzo a topi e acque di scolo, col rischio di spargere malattie contagiose e che non si possano lavare se non pagando 50 centesimi nei nostri bagni pubblici. Io vi chiedo, vi scongiuro di dare loro una casa, di fornire loro il necessario per una vita dignitosa, di renderli presentabili. E’ un investimento che il nostro Comune deve fare se vuole davvero essere considerato un Comune illuminato. Si chiede solo come contropartita che questi maschi ebano, questi cioccolatini dai muscoli torniti, questi mandingo glabri e dalle bocche succose dispensino felicità in un apposito locale attrezzato, che potrebbero essere le vecchie scuole dismesse, nella massima riservatezza e comodità. E cerchiamo di non essere bacchettoni ma aperti e liberi nel pensiero. Vi potranno accedere, da ingressi indipendenti, sia uomini che donne. Catene fruste vibratori doppi e altri giocattoli non verranno forniti ma potranno essere utilizzati se portati dalla clientela.

Grazie, gentili colleghi, se vorrete alzare la mano e unire il vostro voto al mio voto.

 

 

NEGRA

CIPOLLE

Esiste un giorno nella vita di tutti in cui si ha voglia di dire no.
Per me quel giorno è questo.
Dico no e non mi alzo.
Dico no e me ne resto seduta su questo autobus di merda che mi porta in centro, mi porta a casa, perché sapete, per strano che vi sembri, anche io ho una casa, ho una vita, ho degli amici. Non sono soltanto due mani che cuciono vestiti per signore di classe.
Sono stanca signore, sono stanca come sua moglie, come sua madre, come tutte le donne che lavorano e  da qui io non mi muovo. Sono stanca di dover stare un passo indietro, sempre. Stanca di vedere il bicchiere dove ho bevuto frantumato come fossi infetta. Stanca del sole dell’Alabama che vi ha fritto il cervello, stanca di essere guardata e di non essere vista, stanca di stare zitta e di obbedire a leggi insensate. Sono una donna, solo dopo sono una negra. Riaccenda il motore e mi porti a casa anche in questo primo dicembre del  ’55. Ho le cipolle che mi aspettano a casa, ma dopo mi laverò le mani col limone e vedrà, domani non si sentirà l’odore della mia cena. Avrò un vestito decoroso, sarò pulita. Sono solo una negra stanca che vuole stare seduta perché le gambe fanno male anche a me, perché il tragitto è lungo e perché i sedili per noi negri sono sempre troppo pochi. Chiami chi vuole. Da qui non mi sposto. Mi solleveranno di peso i poliziotti bianchi e mi porteranno alla centrale e vuole ridere? Non ho neppure i dieci dollari per pagare la multa.
Mi chiamo Rosa Parks e faccio la sarta.