Luca 18, 9-14

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Luca 18, 9-14.

Di questo dovrei parlarvi. Del pubblicano e del fariseo. Dovrei parlarvi di come Dio giudica e perdona.

E come per noi sia difficile comprendere da quale parte si abbasserà il piatto della bilancia ma sia così banalmente semplice ergerci a giudici e giudicare.

Dio conosce il gioco delle autogiustificazioni  e se ne sottrae.

E oggi anche io me ne sottraggo e parlo della Chiesa, di noi preti.

E mi rivolgo a voi miscredenti, mangiapreti, anticlericali che ci cercate solo quando si avvicinano le elezioni, che sapete solo puntare l’indice contro la  Chiesa e i suoi errori e vi scordate i sacrifici, i morti ammazzati per un credo, che alzate le bandiere per ogni ideale che abbia sembianza di umanità e non vedete la miseria di chi vi circonda, che venite di sera, nelle nostre canoniche a piangere come agnelli per cercare una parola di conforto senza pagare il dazio, che con l’arroganza dell’intelligenza volete la prova, voi che vi liberate la coscienza  e ci caricate di segreti imperdonabili, che ci sbattete in faccia la ricchezza della chiesa e non vi accorgete della tonaca lisa, che per uno che sbaglia li crocifiggete tutti, che beffardamente sostenete di conoscere un unico spirito, quello dell’ CH3CH2OH e ve la ridete.

Sono uno stupido prete di campagna.

Sui banchi della chiesa, la domenica, si inginocchiano 7 vecchie e il campanaro. Loro non si meritano questa predica.

E Dio conosce bene la differenza tra peccato e peccatore.