PREMURE

BOTERO ALTA SOCIETA'

Certo signore, prendo nota. Intervista con Madame nel pomeriggio. Le farò sapere.No, Madame sta riposando. No, mi spiace. Ho l’ordine di non disturbarla per tutta la mattinata. No, non insista, non posso fornirle nessun particolare della vita privata di Madame. Si, si farà sentire lei, quando lo riterrà opportuno.”

No, Madame sta riposando. No, mi spiace. Ho l’ordine di non disturbarla per tutta la mattinata. No, non insista, non posso fornirle nessun particolare della vita privata di Madame. Si, si farà sentire lei, quando lo riterrà opportuno.”

Certo che sei più pesante di quello che credevo. Non riesco a sollevarti, devo per forza trascinarti. Chissà se il luminol riesce a vedere le macchie lavate con la varechina. E chi se ne frega se sbatti la testa sui gradini? Toc, toc, toc. Senti come suona a vuoto la tua testolina di cazzo.

“Si? No, Madame è in viaggio. Non sono autorizzata a comunicare la meta. Prendo nota signore. Madame le farà sapere.”

E piega sto cazzo di braccio! Non mi dirai che sei già diventata dura? Non farmi usare la sega circolare che diventa un casino pulire: gli schizzi arriverebbero al soffitto. Ho salito troppe scale per farlo anche ora. La star, la divina, la burrosa, Madame. Ma guardati. Fai schifo da morta come da viva. Perché gli altri, il tuo pubblico, non ti conosceva, ma con me non hai mai potuto fingere. Lo so da sempre che sei una lurida schifosa viscida donnetta. Con me non potevi atteggiarti da star.

“Mi dica. No, signora. Madame è uscita. No, non so quando rientra. Non mancherò di farglielo presente, stia tranquilla. Si, si, ho scritto tutto. Agenzia Fashion. Certa, sarà fatto. Buona giornata.”

Ecco un ultimo sforzo. Così, dentro al tuo baule, al tuo prezioso baule Vuitton. Ci infilo anche tutti i vestiti che mi hai regalato, quelli smessi da 10 anni che avrebbero rifiutato anche alla parrocchia di San Damiano al centro accoglienza profughi. Ecco, ci metto anche le tue mutande che mi hai regalato in un tuo raro momento di generosità, perché tu non potevi portarle più di una volta.

“Buongiorno. Si, mi dica pure. Al momento la signora è impossibilitata a risponderle. Non insista la prego, se le dico che non può, vuol proprio dire che non può. Si, si, non si preoccupi. Ho memorizzato. Presentarsi sul set alle 6. Mandate la macchina. Sarà pronta.”

Ci sarà clamore sui giornali per una settimana, la polizia rovisterà in ogni angolo della casa per qualche giorno, la stampa assedierà la casa ma poi tutti ti dimenticheranno, perché la gente dimentica in fretta. Infine ci sarà un’altra pronta a rimpiazzarti comprando questa villa immersa nel verde con cameriera fedelissima inclusa.

DIVA

Non so che ramo di parentela ci fosse tra noi. Non so neppure come fossi arrivata a vivere a casa nostra. Forse non eri neanche nostra parente, ma la tua camera, 2 metri per 4, era alla fine della scala, sulla sinistra, vicino al bagno rosa.
Portavi abiti dannunziani, tu che d’Annunzio lo avevi conosciuto davvero e lo avevi amato non so se solo nelle tue fantasie o anche nella realtà.
Entrare nella tua camera, per me bambina, era sbirciare nel camerino di una diva dei telefoni bianchi. La tua aria diafana, quel neo sulla guancia destra che marcavi con la matita nera, la parrucca sotto il foulard annodato dietro il capo che non ti sei mai tolta, neppure al mare mentre mi ricorrevi sudata sotto il sole di Rimini, i tuoi abiti con le spalline imbottite brutta copia dei vestiti di Marlene Dietrich, il tuo filo di voce che chiedeva scusa di essere viva, in quella casa che non ti apparteneva, in mezzo a persone che non erano della tua specie ma soprattutto quel senso di non appartenenza al mondo reale ti facevano diventare, per me bambina, la donna che avrei voluto essere perché in bilico tra i sogni e la fantasia.
Di te ho salvato una scatolina rossa, di cartone, dov’è pressata una polvere rossa che usavi, con un minuscolo piumino, per arrossare le tue guance pallide e apparire come la bambola che tenevi sul letto, le braccia rigide alzate, le gambe aperte, il vestito rosa coi voulant e gli occhi fissi e spalancati a guardare un mondo che avevi chiuso da tempo dalla tua vita.