VAL D’AOSTA

Botero-The-Reader.jpg

 

Dunque, mi parli della Val d’Aosta 

Si, certo, la val d’Aosta.  La fa semplice lei che sta seduta mentre io sono qui in piedi a fianco a lei e non so un cazzo. La val d’Aosta. Che è una regione al confine con la Francia. Piccola. Voglio dire è piccola come territorio, talmente piccola che mi chiedo il perché non faccia parte del Piemonte. Ah già perché è a Statuto speciale e se fosse inglobata perderebbe i finanziamenti e le agevolazioni che le spettano. Ma forse questo è meglio se non lo dico alla prof, che poi mi taccia di essere una contestatrice. E allora che le racconto? Mica posso riferire che l’avvocato Agnelli ci andava sempre a sciare con l’elicottero. Cioè, mica sciava con l’elicottero, con l’elicottero saliva in cima a Courmayeur, sotto il monte Bianco, si metteva gli sci ai piedi e iniziava la sua bella discesa, mica come i mortali che salivano dopo la coda allo skilift. Ma se glielo racconto poi pensa che leggo solo riviste di pettegolezzi. Il che sarebbe anche vero perché quando vado in negozio dalla mia amica Nika, taglio colore e messa in piega € 70, mi faccio una vera cultura sia sui tronisti di Maria, oddio come la amo la Maria, che sulle veline e sulle grandi dinastie italiane. Ma so che la prof, non capirebbe e neppure apprezzerebbe. Allora, dicevamo,  la Valle d’Aosta. E questa che mi guarda, tamburella con la biro sul registro e non dice niente. Ecco si mangia la fonduta, questo lo so perché un anno ci andai in gita col prete e ci portarono in un locale dove ci presentarono un pentolino pieno di roba liquida bollente, lo capii solo dopo essermi scottata la lingua,  era un misto di formaggi sciolti a una gradazione da alto forno da fonderia.  Ecco, trovato. Le dico del Casino della Vallée a Saint Vincent. Certo che se dovevano costruire un Casino lo potevano fare solo a San Vincente. I valdostani sono decisamente pieni di umorismo, sarà  perché bevono da una grolla piena di grappa e caffè che non possono appoggiare fino a quando non è finita?

Credo di essere andata al bene, secondo me al sei ci arrivo e se non me lo da deve stare attenta alla sua Ypsilon blu elettrica targata HG 689 IM, ci vuole un attimo a segnarle la fiancata con un paio di chiavi.

FILOSOFI

70a3bb88f788348c627e4fa8d29f7d3f.jpg

La prima volta gli telefonai perché in casa i termosifoni non si scaldavano e l’acqua scendeva gelata dal rubinetto.Lasciai correttamente il messaggio sulla segreteria telefonica con nome, cognome, indirizzo, numero di telefono e motivo della chiamata. Verso le nove di sera squillò il mio telefono.
Era lui, l’uomo della caldaia.
Mi domandò specifiche sul problema e dopo la mia esauriente spiegazione iniziò a parlarmi del senso della vita, della precarietà dei rapporti sociali, della sofferenza che si provoca involontariamente negli altri e dell’incapacità di ascoltarci dentro, concludendo con un appuntamento per il giorno dopo sempre che la notte fosse passata senza lasciargli il tormento dell’esistenza. Fu col terrore nel cuore e conscia della mia impreparazione filosofica che gli aprii la porta la mattina dopo. Fu una vera lezione accademica: nel quarto d’ora di pausa mi aggiustò la caldaia e lo pagai, i restanti tre quarti d’ora ebbi una conferenza sul perché delle cose del mondo.

Ricordo di aver preso appunti mentali, ma prego Dio tutte le sere di far funzionare la caldaia: ho il terrore che, quando tornerà, perché tornerà, perché tornano sempre, mi interroghi e mi trovi impreparata.