FERMATE

Non portando l’orologio ho imparato a regolarmi con la luce del sole. Ho messo a punto un orologio interno che mi permette di non essere schiava delle ore. Non ho mai tardato ad un appuntamento e mi piace essere puntuale. Non ho difficoltà a scegliere l’abito e il mio viso lo conosco talmente bene che lo potrei mascherare ad occhi chiusi. Sono diventata una specialista del fard al semaforo e del rossetto all’ultimo minuto mentre parcheggio. Anche quella volta fui puntuale. Pioveva e mi ero messa il cappello, sul tavolino del bar avevo appoggiato il tuo regalo: una cassetta da frutta in scala ridotta. Sul legno la scritta fragile e alto e dentro un cuore di pietra rossa. Guardavo le coppie che parlottavano a voce bassa sfiorandosi le guance rosse e annusando l’odore della pelle eccitata e aspettavo. Scommettevo tra me e me che impermeabile avresti messo, se avresti indossato gli occhiali che avevamo scelto insieme e se il tuo alito fresco mi sarebbe venuto incontro con un ciao o con uno scusami. Ho aspettato. Ho aspettato tanto da far impazzire il mio orologio biologico ma non ho pianto. Non si piange mai quando si è sole in una sala da the. Ci si alza si paga il conto ci si rimette il cappello e si esce. Fu allora che scoprii che ogni lacrima non versata alimenta un fiume dentro di me che non ha argini capaci di fermarlo ne’ dighe che ne devino il percorso e che quando decide di straripare si porta via tutto lasciandomi solo fango, i rami secchi e trote morte.
“ No, ti sbagli, non sto piangendo, sono le gocce della pioggia che mi rigano la faccia”