Ha sempre fretta. Classifica gli eventi ordinari in modo da farli sembrare più importanti. E’ costantemente preoccupato. Fa aspettare gli altri. Esagera sui suoi risultati. Crede di essere più intelligenti e capace. E’ ipercritico con gli altri.
Lo vedi comandare un gruppo di volontari che lavorano forsennatamente perché lo stand del gnocco fritto alla sagra paesana sia pronto per quando inizieranno ad arrivare gli avventori. C’è quella che si è impegnata da settimane per capire come usare il registratore di cassa evocando i bei tempi quando bastava un foglietto timbrato con il pagato stampigliato sopra. Chiuse da giorni in cucina vedi le addette che odoreranno di fritto per molte settimane fissando l’olezzo come ennesima medaglia da appuntarsi al prosperoso seno. Gli uomini vanno e vengono portando tavoloni di legno con panche annesse ricreando un’atmosfera da Octoberfest dall’ italiana senza pretzel ma con i baulini rimasti del forno in fondo alla via e donati generosamente alla festa. Non manca l’accompagnamento musicale che comprende tutti i brani della canzone popolare italiana ma cantati con lo stesso ritmo dei canti che gli stessi adottano per le Messe solenni. E poi c’è, appunto, lui. Inadatto per qualsiasi lavoro sia manuale che intellettuale che li sprona, comanda, rimprovera, sollecita, mentre svolge l’unico lavoro inutile, non impegnativo, superfluo, vano: riempire le casse con bottiglie di vino. Non importa se il vino è già diviso ed ordinato tra i rossi e i bianchi, sulla scaffalatura. Non importa se per i ragazzi che serviranno ai tavoli sarà un piegamento in più, una complicanza non richiesta. Dalla sua postazione vede lavorare tutti e li può strapazzare mettendo da parte qualche bottiglia, di quello buono, da portarsi a casa. Lo guardi e non finisci mai di stupirti. Non c’è niente da fare. Non ti ci abitui.
Indossa sempre abiti marrone.