ZAFFATA

 

 

 

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La Teresa sapeva di aglio e di pane. Insomma sapeva di buono.

I capelli bianchissimi pieni di onde, il seno accogliente di chi ha allattato 6 figli, una corporatura forte da donna che conosce la campagna.

Alzava la schiena dall’orto e mani suoi fianchi generosi, sguardo severo brontolava in dialetto quando mi vedeva arrivare.

“ Cusa set gnuda a far?”

“A vedere le bestie”

“ To madar al sala?”

“ Se lo immagina”

“ Ven dentar, sumara!”

Perché solo una somara poteva scappare da casa per vedere le mucche, inzaccherarsi le scarpe rosse in una stalla tra il piscio e le bovazze delle vacche.

Poi preparava il coniglio e gli odori della stalla si confondevano con quelli della cucina. Assistevo a quelle magie sperando di prenderne parte, sperando che l’orchessa mi portasse finalmente nel lettone e iniziasse a raccontarmi la storia di Massasettestrupiaquatordas per poter ridere sentendola ridere e allontanare la certezza della punizione che mi aspettava al ritorno a casa:“ Puzzi da stalla, fila a lavarti.” Poi, i fili di paglia, li avrei nascosti nel comodino.

 

 

 

NOTTI

Da noi, un tempo, c’erano i giorni per “ andare a morosa”. Erano il martedì, il giovedì, il sabato e la domenica, insomma i giorni pari. Nei giorni dispari si usciva con gli amici. Ovviamente parlo degli uomini perché le donne stavano a casa, sempre, sia in quelli pari che in quelli dispari e aspettavano.

Da noi, un tempo, c’erano uomini che si ungevano i capelli con la brillantina, si avvolgevano il tabarro intorno al corpo, mettevano un cappello unto sulla tesa, stringevano i pantaloni larghi in fondo con mollette da bucato, salivano su biciclette nere con la canna e passavano la sera in osteria giocando a briscola, tradendo la moglie e bevendo lambrusco.

Da noi, un tempo, le donne la sera si incontravano in filò nella stalla, con le bestie che muggivano e scaldavano le notti di rancori che maturavano con le nespole. I racconti si accavallavano coi sogni dei bambini e le ombre si riappropriavano del loro regno.

Da noi, un tempo, una ragazza secca disse a suo padre: “Sposo il figlio dell’oste” e il vecchio le rispose: “ Cineina, lasa perdar, al ga la faccia sgiaruneda” Ma per la sua preferita andò al mercato e comprò un vestito rosso spendendo i soldi di tutto un mese e sopportando i brontolii della vecchia che aveva sopportato i suoi tradimenti continuando a lucidargli le scarpe.

Da noi, un tempo, c’erano notti che la nebbia la tagliavi col coltello, ci appoggiavi contro le biciclette, ti pioveva addosso nebulizzata e ti ritrovavi a ridere, perchè non è vero che solo la neve rende felice.

Queste sono rimaste.