ZAFFATA

 

 

 

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La Teresa sapeva di aglio e di pane. Insomma sapeva di buono.

I capelli bianchissimi pieni di onde, il seno accogliente di chi ha allattato 6 figli, una corporatura forte da donna che conosce la campagna.

Alzava la schiena dall’orto e mani suoi fianchi generosi, sguardo severo brontolava in dialetto quando mi vedeva arrivare.

“ Cusa set gnuda a far?”

“A vedere le bestie”

“ To madar al sala?”

“ Se lo immagina”

“ Ven dentar, sumara!”

Perché solo una somara poteva scappare da casa per vedere le mucche, inzaccherarsi le scarpe rosse in una stalla tra il piscio e le bovazze delle vacche.

Poi preparava il coniglio e gli odori della stalla si confondevano con quelli della cucina. Assistevo a quelle magie sperando di prenderne parte, sperando che l’orchessa mi portasse finalmente nel lettone e iniziasse a raccontarmi la storia di Massasettestrupiaquatordas per poter ridere sentendola ridere e allontanare la certezza della punizione che mi aspettava al ritorno a casa:“ Puzzi da stalla, fila a lavarti.” Poi, i fili di paglia, li avrei nascosti nel comodino.