BACIARE

952566599.jpg Dire fare baciare lettera testamento. Scegli.

E il tuo destino è lì, su quelle cinque dita che una mano ti mette davanti.

 

 

 

BACIARE

 

 

Quando entrasti in azienda ti affiancarono a me in segreteria della direzione. Ti avevano assunto come caso umano. Orfana dei genitori persi in un incidente autostradale da esodo estivo, senza più mezzi di sussistenza, il nostro direttore, straordinariamente per il cuore di un banchiere, si commosse e decise di darti un lavoro, un po’ per debito di riconoscenza nei confronti di tuo padre suo vecchio compagno di liceo, un po’ perché portavi minigonne inguinali associate a labbra perennemente imbronciate.

Avvezza agli agi che una vita da nullafacente ti aveva abituato eri senza un diploma fosse anche da educatrice di prima infanzia, l’ordine per te era un concetto bizzarro, la ragioneria un dialetto sconosciuto del Botswana e l’italiano una lingua straniera che nessuno ti aveva insegnato. Eppure avanzavi sia nel prestigio che nello stipendio. Se c’era una manifestazione il direttore voleva te al suo fianco, se si partecipava ad un convegno eri tu l’eletta a rappresentare la banca, se c’erano gli ispettori della banca d’Italia solo tu potevi portarli in giro per ristoranti e locali alla moda. Mai nessun’ altra ha mai saputo far roteare la carta di credito, che la banca ti aveva consegnato, come le tue dita lunghe e laccate. Seducente e molto troia sei entrata in più letti tu che quella baldracca della Mati che ne ha presi, oddio quanti ne ha presi, ma non ti bastava e volevi di più, volevi la direzione e quando ti diedero anche quella il primo provvedimento che prendesti fu quello di trasferirmi alla cassa, come una neoassunta. Il crac della banca ci portò le televisioni e  gli ufficiali della finanza ad arrestarti. Urlasti come un agnello sgozzato ma nessuno si impietosì. Vennero nuovi ispettori e riorganizzarono le cariche bancarie badando al merito e non alle raccomandazioni.  Mi affidarono la vicedirezione  e per la prima volta mi permetto di usare una delle espressioni a te tanto care:  “E adesso, baciami il culo”.

 

OFFICE

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Poi dicono: è solo una segretaria.

E io glielo lascio dire. Me le faccio scivolare addosso certe frasi così come i luoghi comuni sulla categoria.

So quello che valgo e mi sono costruita la mia carriera scopata dopo scopata. Solo io so quanto è stato difficile entrare in certi letti. Ma il mio obiettivo l’ho raggiunto. Dirigo 10 piccole stronze che appena giro gli occhi usano il telefono aziendale per telefonate personali, alzano il volume delle loro vocine querule per descrivere fatti non attinenti al lavoro, si connettono a internet per intrecciare relazioni amorose, utilizzano la fotocopiatrice in maniera impropria.

Le aspetto al varco, le chiamo nel mio ufficio, le faccio spogliare e chiedo loro se vogliono ritrovarsi così il giorno dopo ricevendo la lettera di licenziamento.

Posso assicurare che la pratica l’ho utilizzata soltanto quattro volte poi la voce si è sparsa e ora in ufficio regna l’ordine e il silenzio.

Ho ricevuto vari encomi dall’azienda e vi giuro che non riesco a capire questo accanimento di voi sindacaliste nel reputare il mio modo d’agire non in linea con lo statuto dei lavoratori. Senza contare che parecchie di loro mi si sono offerte pur di salire di scrivania e io non le ho mai denunciate per molestie sessuali. Ma se insistente giudicando il mio comportamento come immorale non aspetterò un secondo e fornirvi la lista delle arriviste.

Il mio posto di lavoro non me lo può fottere nessuno.

Io non mi faccio più fottere da nessuno.

 

Patteggiamo?