ABDICAZIONE

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Iniziò a passarmi davanti un anno fa. Lo ricordo bene perché aveva un profumo che mi ricordava qualcosa di perduto. La prima volta mise 50 centesini nel barattolo senza neppure guardarmi. Fu in una giornata piovosa di fine settembre che prese la mia mano tra le sue e mi lasciò 5 euro. Aveva gli occhi arrossati. Le chiesi se la potevo aiutare. Mi sorrise e scosse la testa. Già, come poteva aiutarla una barbona?  Mi resi conto che ero andata oltre, che non mi potevo permettere di darle confidenza perché una barbona non deve dare confidenza a nessuno, neanche a chi lascia mance, perché una barbona non si deve affezionare a nessuno se non vuole soffrire dopo.

Abitavamo nello stesso palazzo, lei nell’attico, io sul terzo gradino, il più vicino possibile al portone.

 

Conoscevo i suoi orari: usciva alle otto di mattina, rientrava alle 7 di sera.  Non frequentava molti uomini. C’era quello con land rover bordeoux, quello con la panda verde, quello biondo che arrivava con il taxi. Poi arrivò una donna, una sera, tardi, molto tardi perché ero già attaccata al portone e quella mi dovette scavalcare per entrare.Aveva le chiavi ma non era del palazzo. Sapeva di marcio e io lo conosco bene quell’odore. Sapeva di me.

 

Poi ci fu quell’urlo e la chiazza di sangue che si allargava sul marciapiede tingendole di rosso la camicia da notte.

 

Avvolsi il mio cartone e mi allontai dal palazzo. Non avrei sopportato le sirene, la polizia, i curiosi, le illazioni.

 

L’ abbandonai sul marciapiedi al freddo, l’abbandonai per la seconda volta.

 

Ci ho provato, giuro che ci ho provato a fare la madre, ma non è il mio mestiere.