Parole lasciate in giro

BOTTE

Lui l’ aspettava all’imbrunire, quando andava al rosario di maggio, col velo in testa e la testa persa in mille altri pensieri che non comprendevano i misteri dolorosi. L’estate successiva lui si comprò un paio di scarpe Zenit e andò nella casa dei vecchi per affettare il salame che sanciva l’accordo di nozze. L’Emilia era diversa dalle altre ragazze: alta per la statura delle donne di allora, i capelli neri come le ali del corvo, il viso pallido con le gote rosse che solo i vent’anni sanno dipingere con la vita in campagna e le canzoni da mondine urlate nei campi. Sapeva di sposare una donna fiera, una donna con la forza della dignità che non avrebbe mai abbassato lo sguardo in una discussione e la voleva proprio così. E così l’ebbe. Non si aspettava la sua reazione quel giorno che la riempì di botte. C’erano donne che le prendevano dai loro uomini di santa ragione e si rintavano in casa fin quando i lividi non scomparivano. L’ Emilia no, non era il tipo. Donne che giustificavano il viso tumefatto con la distrazione e con spigoli spuntati improvvisamente davanti a loro in quella casa così conosciuta che a volte mutava disposizione del mobilio senza che nessuno spostasse una sedia. L’Emilia no, non era il tipo. Quel giorno uscì, andò all’osteria e tranquillamente raccontò a tutti che il suo uomo l’aveva picchiata perché era ubriaco. Non so se sia stato perché era una bella donna, non so se lo fecero perché aveva avuto il coraggio di un uomo, so che gli amici del suo uomo lo derisero per un mese intero e lui non solo non la colpì più ma iniziò a portarla all’osteria per far due chiacchiere con la moglie dell’oste.
Fu così che mia madre e l’Emilia divennero amiche.

BOTTEultima modifica: 2004-01-18T03:55:00+01:00da
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