DISADATTAMENTO

 

 

 

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La negra è impazzita. O meglio, come dicono i medici del reparto psichiatrico, ha una forte psicosi.

Insomma è matta.

E si comporta da pazza.

Cammina per strada scalza, cammina tra il traffico urlando la sua voglia di libertà, piange rabbia ridendoti in faccia. Che a dirla così, ti fa quasi commuovere. Ma poi scopri che la negra è una stronza, dispettosa, orgogliosissima, vanitosa fino alla pacchianeria, piena di acidità che trasuda dai suoi occhi fin dentro ai tuoi. E odia i bianchi. Ed è circondata da bianchi. Medici bianchi che non riescono a capire, cui non è mai capitato di curare una negra impazzita, datori di lavoro bianchi che la trattano con rispetto ed indulgenza, perché, sai, viene da un paese africano e se la si tratta come gli altri poi ci si becca la nomea di razzisti, una padrona di casa bianca che non osa contraddirla anche quando le calpesta le aiuole fiorite. La negra ha anche un marito. Uno stronzo. Uno che sarebbe stronzo anche se fosse bianco e che non la porta mai al S.I.M.A.P. per farla curare e che, anzi, le vieta di prendere i farmaci prescritti che “tanto la medicina dei bianchi non va bene per te, ti intontisce e basta”. Un marito che ha un’altra moglie e altri figli in africa  e non ha mai pensato che uno dei motivi della destabilizzazione mentale della moglie potrebbe derivare da anni di sopportazione di una situazione intollerabile per qualunque donna asiatica, africana o causasica che sia.

La negra a 22 anni, si è sradicata, ha dovuto imparare a indossare le scarpe, si è dovuta adattare a vivere al freddo e confrontarsi, lei, donna dal culo che fa provincia, con donne dall’aspetto esile e un lato B proporzionato.

La negra ha ceduto e nei suoi giorni migliori canta nenie africane intercalate a maledizioni in lingua swahili.