BENEMERITA

 

 

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Ieri sera alle ore ventidue circa, proprio mentre stava terminando il programma televisivo denominato “Don Matteo” che io e il brigadiere Togni stavamo guardando, l’appuntato Magnoni ci comunicava che in via Pizzomondo, al civico 65, un gatto ero stato lanciato dal terzo piano.

 

Senza indugio spegnevamo l’apparecchio video come da istruzioni, contenute in apposita circolare del ministero competente, nei casi di chiamate urgenti e ci recavamo nella suddetta via laddove non trovavamo tracce del felino defenestrato ma udivamo distintamente urla e pianti provenire dall’interno 12/A.

Tempestivamente salivamo le sei rampe di scale e una volta arrivati davanti alla porta dopo aver recuperato il fiato, suonavamo ripetutamente il campanello senza ottenere l’apertura della porta che solo allora decidevamo di sfondare con una spallata datale dal brigadiere addestrato con apposito corso presso il nucleo Ros Roma.

L’abitazione era a soqquadro, a destra una donna dal viso tumefatto, si presume da calci e pugni e che accertavamo successivamente essere la moglie, piangeva su una poltrona di vellutino giallo, uguale a quello di mia zia Bice, in piedi un uomo che teneva per il collo un ragazzo, che successivamente accertavamo essere il figlio, ormai cianotico.

Celermente perquisivamo l’appartamento ma del felino che, successivamente scoprimmo essere denominato “Pallino”, nessuna traccia.

Mancando il corpo del reato si stende verbale ma non si inoltra alla procura per la contestazione del reato di defenestrazione e presunto omicidio del micio Pallino.

 

Verbale dell’Arma redatto in data del 30 novembre 2009.

 

 

 

ROSAROSAE

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Sa, la vita è buffa. Io pensavo di invecchiare  accanto a mia moglie. Avevamo fatto i nostri progetti: i figli sposati e sistemati, le nostre pensioni, la casa di proprietà, il nostro cane e la sua maledetta passione per le rose. Si, maledetta perché se avesse amato i cactus non sarei qui a portarle i fiori e a pulire la sua lapide.  Stavamo in giardino una domenica pomeriggio, sa quelle noiose domeniche pomeriggio di primavera, quelle che è andata a farsi sfottere anche la programmazione televisiva? Ecco, proprio una domenica del cazzo.  La lettura della pagina dedicata alla boxe della Gazzetta dello sport, fu interrotta da un urlo agghiacciante:  “Dario, le rose sono malate! Dario, è la ticchiolatura, la ticchiolatura, mio Dio Dario!” “ Che problema c’è? Spruzza l’anticrittogamico. Adesso vado a preparartelo.” “ Fermo Dario, non muoverti, che poi me lo rinfacci per il resto della vita, Dario, non voglio sentirti maledirmi perché ho interrotto la tua lettura avvincente. Mi arrangio, Dario,  d’altra parte non mi sento sicura se tu tocchi quelle sostanze velenose, non prendi mai provvedimenti per evitare l’intossicazione, Dario. Sei sempre così facilone, ma se capita qualcosa sono io, poi, che devo correre! Vedi Dario, prendi i guanti di lattice prima di tutto, poi ti copri la bocca con una mascherina e, Dario guardami per favore,  indossi il camicione da giardinaggio e la cuffietta per riparare i capelli dalle sostanze velenose. Ecco così come faccio io. Adesso doso la miscela e la verso nella pompa. Abbasso la leva 3 o 4 volte e… perfetto! Siamo pronti a sconfiggere la peronospora della rosa. Non ci resta che spruzzare” .

Io non so quale Dio ci abbia messo la sua mano pietosa sono invece sicuro che fu nell’esatto momento in cui mia moglie urlava il mio nome per la millesima volta in quel pomeriggio che l’asticella dello spruzzino si girò proprio mentre usciva l’anticrittogamico che centrò in pieno la bocca di mia moglie manco fosse la freccia di Guglielmo Tell che spacca la mela. Dritto nel gargarozzo. Di mio ho continuato solo a pompare fino a quando la tanichetta non si è vuotata.

In fin dei conti era lei l’unica rosa preziosa del mio giardino, mica potevo permetterle di ammalasi.

TESTAMENTO

1402624359.jpgDire fare baciare lettera testamento. Scegli.

 

 

 

E il tuo destino è lì, su quelle cinque dita che una mano ti mette davanti.

 

 

 

                 

 

 

Riconosco di non essere stato un padre perfetto.

Distratto, assente, infastidito, il più delle volte, dalla vostra presenza.

I soldi no, quelli non ve li ho mai negati, così come le scuole migliori, vacanze all’estero, master stage in aziende importanti. Spero che questo almeno me lo possiate riconoscere.

Certo, le cose cambiarono molto con la morte della mamma. Avevo la valigia in auto alle esequie e un aereo pronto a decollare finita la cerimonia. Ma sapevo di lasciarvi in ottime mani, quelle di mia sorella che ha passato il resto della vita ad occuparsi di voi al posto mio. Forse Anna aveva un carattere un po’ spigoloso ma sono certo che avete capito e perdonato certe sue asprezze. Al raggiungimento dei vostri diciotto anni ho smesso di mantenervi ritenendo il mio compito finito. Vi ho educato, cresciuto,  istruito fino alla maggiore età, era tempo che ognuna di voi percorresse la sua strada ma ho continuato a seguirvi a distanza.

Camilla finito il liceo ha iniziato a lavorare come barista in un disco pub, Azzurra lavora in un parco acquatico, le gemelle raccolgono meloni come stagionali in estate e insegnano ai sordomuti in inverno.

Sono talmente soddisfatto delle mie piccole donne che ritengo superfluo lasciarvi parte del mio capitale per cui, fin da ora, vi comunico che spenderò fino all’ultimo centesimo.

Quella troia di vostra madre mi ha tradito con, seguendo esattamente la cronologia delle sue corna, l’uomo che ci riforniva di acqua liquori e vino, con il ragazzo che ogni estate veniva a pulire la piscina, con il fattore che seguiva le mie proprietà agricole. Fortuna che il cancro la portò via giovane o mi sarei trovato con una squadra di pallavolo femminile da mantenere.

La devo però ringraziare per non aver concepito maschi. Se pur inconsciamente sapeva che sarebbe stato eccessivo che si perpetuasse il mio cognome.

Qualcuno ve lo doveva dire che siete delle bastarde, che non c’è una goccia del mio sangue nelle vostre vene e questo era compito mio.

Buona fortuna.

 

DEPROFUNDIS

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Gli amici hanno chiesto a me di fare l’orazione funebre per Oreste.

Oreste l’amico, Oreste, il compagno di bisboccia, Oreste, il padre di famiglia, Oreste, il lavoratore indefesso, Oreste, il bastardo. Eh si, perché lo era, l’Oreste, un bastardo. Non strabuzzate gli occhi, non cercate di togliermi il microfono. Avete insistito perché fossi io a parlare di lui e io parlo di lui, di quell’Oreste che forse non avete mai conosciuto e che io ho vissuto da quando remigini  varcammo il portone della scuola elementare “ A.Manzoni”. L’Oreste che è stato mio compagno di banco e mi passava le versioni di greco sbagliate per farmi prendere un N.C.con conseguente punizione dei miei genitori che mi bloccavano in casa per un’intera settimana durante la quale lui usciva con quella puttana della Marcella, mia fidanzata di allora. L’Oreste che mi sono ritrovato negli anni dell’università che col cazzo mi passava gli appunti o firmava al posto mio se mancavo ad una lezione. Ma Oreste ha dato il meglio di se una volta entrati nel mondo del lavoro: la sorte ci ha voluti colleghi d’ufficio  e non c’era mattina in cui l’Oreste, il simpaticone Oreste, non trovasse il modo di vessarmi con i suoi scherzi scemi: togliermi la sedia di sotto il culo mentre mi sedevo, versarmi il caffè sulla pratica che mi era costata una notte insonne e che avrei dovuto presentare alla dirigenza alla riunione delle 9.00, infettarmi il computer di virus al punto da generare il legittimo sospetto da parte del centro elaboratore dati che passassi il mio tempo in cerca di siti erotici. Si, l’Oreste è stato davvero un amico quando mi ha voluto come testimone delle sue nozze per il solo gusto di vedermi schiumare di rabbia all’apparizione della sposa, mia sorella, che si è resa conto dello sbaglio fatto subito dopo aver letto la formula davanti al prete andando incontrontro al suo destino di moglie tradita e usata  con la stessa remissione di una vacca portata al macello. L’Oreste è stato l’amico vero anche quando si è scopato mia moglie,(Sandra, non arrossire), per provarmi che ero cornuto, durante le vacanze in Polinesia e che dire di  quando ha ritirato  i 3000 euro che avevo vinto al gratta e vinci al posto mio per poi spenderli in una megafesta con strep tease finale e bagno in piscina con ammucchiata, quando avrebbero risolto non pochi problemi economici che avevo in quel periodo. E dunque sono felice che l’Oreste sia crepato solo nel monolocale che aveva in affitto, gli slip abbassati a mostrare  quanto poco abbiamo perso le pretendenti al suo talamo.

Oreste vaffanculo.

CAZZONE

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Già il primo giorno di lavoro, quando m’indicò la scrivania, capii che non avremmo mai fatto razza. Arrogante, incompetente, borioso, supponente e soprattutto inutile. Si, un uomo inutile per l’azienda. Così lo bollai. Sarà stato il suo modo di tirarsi le sopracciglia perché quando lo guardai mi apparve più somigliante ad un primate che ad un essere umano. Il mio percorso identificativo è iniziato il giorno in cui alla domanda precisa su dove dovevo archiviare una pratica mi  rispose con un suono gutturale. “E’ una giornata storta, non ha voglia di parlare” dedussi,  non dando importanza alla cosa. Poi un lunedì mi accorsi che i fogli che gli passavo li afferrava tra il medio e l’indice  e dunque ipotizzai che l’asse del suo braccio passava tra il secondo e il terzo dito e non tra il primo e il secondo. Da quel giorno ho iniziato a scrutarlo meglio e da quelle mie osservazioni quotidiane cominciai a sospettare di una trasformazione antropomorfica. Piccole cose, certo: un giorno notavo una folta peluria uscirgli dal collo, la settimana dopo i suoi capelli si erano ispessiti e allungati in modo anomalo, il suo naso si stava appiattendo e allargando mentre le sue orecchie si stavano incollando al cranio. Dopo tre mesi iniziò ad annusare i fogli senza più vederli o leggerli. Appollaiato sulla sua sedia presidenziale si divertiva a pigiare sui tasti del telefono ed ad infilarsi le dita dentro al culo per poi annusarsele. Iniziava a farmi schifo ma resistetti alla tentazione di comunicare il cambiamento fisico alla direzione per non creare imbarazzo e nella pausa caffè compravo le arachidi da lanciargli visto che il nostro ufficio era diventato la sua casa. A volte non riuscivo a vederlo per le ridotte dimensioni ma lo percepivo perfettamente . D’altra parte l’odore di selvatico e di cane bagnato che permeavano l’ufficio mi confermavano la sua presenza. Pesava 100 grammi e si era completata la sua trasformazione in microcebo il giorno in cui sventuratamente lo pestai ponendo fine a quella involuzione iniziata il giorno stesso in cui lo avevano assunto come contabile alla Chiquita.

H3K4me3

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Lo vedo in tv ritirare il premio.

Ha indossato uno smoking.

Devo ammettere che gli sta bene.

Sorride ai fotografi.

La dentiera nuova fa la sua bella figura.

I capelli immacolati gli conferiscono l’aria che la stampa si aspetta da uno scienziato e lui recita la parte alla perfezione.

Alla stampa non interessa conoscere la formula e lui neanche la cita ma racconta della fatica, delle ore insonni, degli studi. Omette il come sia arrivato a presiedere l’ente di ricerca, ma è solo un particolare insignificante che sia il fratello di monsieur le President com’è privo di ogni interesse per i giornalisti sapere che la sua laurea in scienze della comunicazione con specializzazione in “Il cinema anni ‘70”, una doccia nel primo tempo, una doccia nel secondo, non ha niente a che vedere con la genetica, con le staminali, con la clonazione terapeutica e con le biotecnologie.

Mi sembra giusto che citi suo padre,buonanima, nei ringraziamenti e si scordi completamente di Lucia, Stefano, Enrico, Francesco, Luca, Elettra, di me e della nostra paga di 500 euro al mese.

Ma come si permette quel giornalista di fargli una domanda tecnica? “Attraverso quali procedimenti si è potuto scoprire che l’H3K4me3 trasporta le istruzioni genetiche in grado di moltiplicare le cellule stesse”? Ma dico è una domanda da fare a lui?

Suda poveretto.

Sbianca.

Cazzo.

E’ sotto attacco.

Ma possibile che tra i tanti luminari presenti non si accorga nessuno?

Preme sul petto.

Casca.

Non lo inquadrano più.

Gente che chiama coi telefonini, che urla, uno ha la commozione negli occhi una signora si tappa la bocca con la mano, ma non uno, non uno, che gli faccia il massaggio cardiaco tra i 16 primari che ho contato alla cerimonia.

Adesso mi aspetto che sia nominato presidente dell’Ente un geometra di Vibo Valentia protetto dall’onorevole Plutino.

Almeno scoprirà perché le condutture del cesso del laboratorio s’intoppano sempre quando le ragazze giurano che non ci hanno mai buttato i loro assorbenti.