APPAGAMENTO

 

rev80818(1)-ori.jpg

Sei stato cattivo. Molto cattivo. Cosa ci devo fare con te adesso? Che punizione ti devo infliggere. E tieni la testa bassa. Non ti azzardare a guardarmi negli occhi. Non ne sei degno. Se proprio vuoi puoi leccarmi i tacchi. Ecco così. Ah, mentre se a terra a quattro zampe dai una leccatina anche agli angoli del pavimento che non riesco mai a pulire bene con l’aspirapolvere. Se sei bravo nel lavoro ti abbasso la cerniera della tutina in lattex e ti ci infili il vibratore, quello piccolo. Non guaire sai. Stai sottomesso. Ho detto quello piccolo. Con quello grosso godresti subito. Su. Al lavoro. E sbrigati che poi dobbiamo uscire e ti devo anche mettere le pinzette sui capezzoli ed è un lavoro lungo perché non stai mai fermo. Stavolta se non stai immobile vuoi vedere che ti lascio a casa attaccato al sospensorio a testa in giù? Potrei anche frustarti sul culo anzi no. Ti faccio frustare da Luigi. Lo so che sei geloso di Luigi e che non ti piace. E non guaire sai. Se voglio farti frustare da lui lo faccio e non mi interessa se preferisci la mia mano. Ecco, si così. Leccamela. Goloso. Lo so che ti piace succhiarmi le dita. Si, grugnisci come un maiale che mi piace. E se hai sete vai a bere nella tazza del cesso. Non ho tempo di riempirti la ciotola. Che fai?!?! Me l’annusi?!??! Ma come ti permetti? A te neanche in foto la farei vedere. Tienilo moscio che vedertelo duro mi fa schifo. E adesso alza la faccia e solleva la maschera che ti sputo in faccia. Voglio che la mia saliva ti scenda dalla guancia fino alla tua bocca, voglio che la lecchi e ti rimetta la maschera e te ne vada nel tuo angolo legato al termosifone. Stasera starai a casa. Perché? Perché mi va così.

 

 

 

WEDDING

 

Fernando_Botero_Exhibition.jpg

Ahhh no, cara la mia signora, i fiori devono essere bucaneve. La mia bambina ha li occhi dello stesso colore e vuole un bouquet così. Cosa vuole che me ne freghi se non è il tempo. No, mi ascolti. Vogliamo rovinarle le nozze? Se vuole rovinare le nozze della mia bambina me lo dica subito che vado altrove, non creda di essere l’unica vivaista della zona. Non sto perdendo la calma. Adesso le dico. L’abito è a nuvola di tulle bianco sotto un preziosissimo taffetà con tanto di strascico, nel bustier tempestato di swarovsky intagli trasparenti, per non parlare del velo di preziosissimo pizzo ricamato dalle suore benedettine di santa Gertrude del convento di Torre del Greco, le scarpe fatte fare su misura, sa la bambina ha i piedi un po’ grossi, le si gonfiano se sta troppo in piedi, rivestite dello stesso taffetà dell’abito. In chiesa verrà un vero cantante che mi costa 300 euro solo per cantare l’Ave Maria di Mario Merola, si, solo per cantare quella. Il resto lo cantano i ragazzi dell’oratorio ma mica per questo a loro posso lasciarli a bocca asciutta no? Il servizio foto e video l’ho commissionato a Peppino Barone, non so se mi spiego. Peppino Barone signora mia, mica uno qualunque. Ho 694 invitati che mangeranno come maiali, perché al ristoratore ho detto di non fare economia con ostriche e aragoste e di innaffiare il tutto con un millesimato fatto arrivare apposta dalla Francia per la mia piccola insieme ad una orchestrina di chansonnier che canteranno naturalmente in francese, mica musica partenopea neomelodica che fa tanto cafoni, cosa crede? E lei mi vuole rovinare il tutto offrendomi dei mughetti? Ma siamo seri per favore, sarà un matrimonio talmente di classe che io indosserò il cappello a tesa larga e mio marito il tight. E poi basta. Mi dica cosa vuole di questo buco che chiama vivaio che compro tutto, lei compresa, e vedrà se non la mando sull’Himalaya a cercarmi i bucaneve!

 

 

FANS

artwork_images_459_420167_fernando-botero.jpg

Non c’è gran che da raccontare sa. Non credo ne possa ricavare un articolo interessante e non perché io sia reticente a parlarne ma perché erano loro poco interessanti. Solo ora con la loro morte possono finalmente avere quel istante di notorietà che hanno sempre sognato nella vita. E mi presto volentieri a dedicar loro un momento ben comprendendo che anche questo attimo di celebrità, ancora una volta, lo ottengono per merito mio.
Se io non fossi, loro non sarebbero neppure stati.
Se vuole prendere nota, i fatti sono andati nel modo seguente: abitavamo nello stesso condominio ma non credo di averli mai incrociati, sentivo il pianto serale del loro figlioletto ma non ho mai protestato con l’amministratore proprio per non dover affrontare noiose discussioni. Conduco una vita molto riservata come può ben immaginare. Nonostante ciò un’immeritata fama mi fa essere conosciuto più di quanto vorrei. E come sempre capita alle persone a cui è toccata in sorte la notorietà oltre a gratificazioni economiche e celebrative spettano anche sentimenti umani come l’invidia, la gelosia, il tormento di squilibrati. Iniziarono a lasciarmi davanti alla porta di casa torte con gli auguri del Natale. Io prendevo a davo al gatto. Conduco una vita parca e mangio solo alimenti di cui conosco la provenienza. Un giorno lasciarono una poesia, illeggibile se mi permette la critica. I versi erano, se aspetta un attimo ho ancora il foglietto. Eccolo. Diceva:
“Nel cielo terso un sole malato
dilata
il mio dolore e il desiderio
delle tue mani sulla mia
bocca
morbida regala brividi
pensieri oscieni”.
Lo tengo perché lo porto come esempio di pessima poesia ai miei studenti. L’errore ortografico da’ già un’idea dei personaggi.
Da quel giorno fu un tormento continuo di racconti e poesie e scritture “alternative” accompagnate da torte che finivano a giorni alterni o nella spazzatura o nella bocca del gatto.
Io ho sempre ignorato e mai risposto fino al giorno in cui mi sottoposero questo: Un’invito e sono in cielo. Un’invito e la vita si trasforma. Un’invito e la dorazione sarà eterna.
Sotto ho scritto: Imparate l’italiano prima di disturbarmi ancora. Somari.
Lei crede sia stato il” somari “ a disturbarli inducendoli a compiere quel gesto?

RAGOUT

126709_BOTERO.JPG

 

 

 

 

 

E’ un fatto che i rapporti di buon vicinato vadano coltivati.

Mi sono sempre spesa in questo senso credendoci fermamente. Sono socia fondatrice del Comitato “mogli felici spose operose” che, nel primo capoverso dello statuto, ha come obiettivo primario la tranquillità e il benessere del nostro quartiere. Il secondo capoverso regola i comportamenti da adottare all’arrivo di un nuovo residente: Comitato d’accoglienza, invito a cena nella prima settimana, obbligatorietà del buongiorno se ci si incrocia la mattina, visita settimanale con chiacchiere informali, recapiti telefonici di tutte le vicine da usare in caso di necessità.

Poi è arrivata donna Antonia e il suo cane. Scorbutica lei e isterica la bestia.

Non ha voluto associarsi al nostro comitato, ci ha sbattuto la porta in faccia quando ci siamo presentate a casa sua non prima di aver afferrato la torta di mandorle e il soufflè al formaggio che le avevamo preparato. Naturalmente evita accuratamente di salutarci quando ci si incrocia va già bene quando grugnisce qualcosa tra i denti che potrebbe essere una maledizione o un cancro in gola, tanto l’intonazione è la stessa.

La piccola bestia ha le sue stesse tendenze della padrona con l’aggravante di essere in possesso di ugola che fa impazzire l’intero quartiere. Abbiamo inoltre registrato, nel primo mese di residenza della nuova vicina, la sparizione di tre gatti, 2 aggressioni a passanti occasionali e la scomparsa di una ciabatta della signora Franca.

Urgeva una soluzione. E una soluzione si trova sempre.

Una notte ci fu un po’ di trambusto nell’isolato. Si sentirono alcuni cani abbaiare, alcune finestre illuminarsi ma giusto il tempo di vedere che tutto era tranquillo come al solito , anzi un po’ più del solito perché il cane della signora Antonia non abbaiò per l’intera nottata. Anzi, non abbaiò più.

Come eravamo use fare da sempre, il lunedì ci recammo a casa della residente oltraggiosa con un vassoio di lasagne e la scorbutica vicina dopo averci aperto afferrò il vassoio e senza un grazie richiuse la porta.

Solo a tarda sera sentimmo un grido che non ricordava niente di umano.

Avemmo un pensiero unico: Ha finito le lasagne.

Certo erano buone con quella sfoglia tirata sottile, la besciamelle cremosa e abbondante ma il tocco che le rendeva uniche era il ragù. Ragù di barboncino come si leggeva inciso sul vetro del fondo della pirofila.