Parole lasciate in giro

5.9

 

 

 

La forte scossa è arrivata. E io stavo dormendo.

Sono stata sollevata, poi di nuovo giù con violenza, a peso morto e ancora una volta sollevata e ricaduta sulle lenzuola. Non era ancora finita. L’onda si è sfogata, iniziava il ballo. E’ stato allora che mi sono aggrappata al cuscino. Non pregavo. Attendevo la prossima mossa della bestia che non paga ha iniziato a sbattermi a destra e a sinistra. Io sempre stretta al mio cuscino.

Non avevo peso, non avevo pensieri, non avevo voglia di morire. Non si può morire in maglietta rosa e fuseaux comprati a un euro al mercato dei cinesi della domenica. Non si può morire con ancora i cispi negli occhi e l’alito pesante di chi, fumatore, non si è ancora lavato i denti. Non si può morire una mattina di maggio, il 29 maggio, mentre il tulipano ha aperto la terza foglia.

Infatti non sono morta.

Quando la bestia si è stancata di giocare, ho cercato le ciabatte e sono uscita dalla camera da letto. Ho percorso il corridoio buttando l’occhio in studio: il pavimento era un tappeto di libri, fogli, carte, appunti, bollette pagate e una befana con la scopa spezzata.

Non c’era luce, le gelosie erano chiuse. Buio.

Arrivo alla porta di cristallo. Ha retto. La spingo piano, ho il terrore di vedere il peggio ma è buio, vedrò poco, mi incoraggio. Un tappeto, questa volta di vetri, aspetta che passi per attaccarsi alle mie ciabatte.

Poi grida. E’ la signora del piano di sotto che urla. Ha due bambini attaccati alla vestaglia e uno piccolissimo, eccolo dunque quello che piange tutta la notte, al seno.

“Sono qui, stia calma, adesso arrivo. Stia calma, è passato. Ora scendo. E’ tutto passato”. Non è passato un cazzo ma qualcosa devo pur dirle.

Rientro in casa, prendo la borsa, che dal 20 maggio contiene la mia vita, e la videocamera. Non un vestito, un paio di pantaloni, un calzino, un ricordo, lascio dentro anche l’album delle foto di mio nonno. E’ la mia storia e non sono riuscita a prenderla.

Penso a quello mentre scendo le scale e rincuoro la madre isterica.”Devo riprendere l’album con le vecchie foto del nonno in divisa da fante in bicicletta e il suo matrimonio: una sola foto davanti a casa, il suo viso ironico e l braccio posato sulla pancia a sostenere la nonna in abito grigio con piccoli pois bianchi e quello sfizioso cappellino conservato con cura per anni. Mi concentro sulle foto mentre scendo le scale, sui particolari, così non penso, scanso la paura di un’altra scossa. Devo continuare a pensare ad altro se voglio vincere.

5.9ultima modifica: 2012-06-14T23:38:52+02:00da
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