Parole lasciate in giro

APPIGLI

Il 15 marzo Erio decise che era tempo di andare a casa di Gino.

Erano sei mesi che percorrendo la navata della chiesa la domenica mattina appoggiava la mano sul diciassettesimo banco dal fondo e non lo vedeva. Gino arrivava sempre prima di lui da quando erano chierichetti e si prendeva l’unica cotta con i polsi intatti ma la vigilia di Natale del ‘46 gli lasciò portare la croce in processione e ci sono gesti che legano le vite molto più di un matrimonio.

Gino sposò una brava ragazza. Lavorarono insieme quelle benedette 60 biolche di terra aspettando un figlio che non arrivò mai. Erio ne fece tanti di figli, uno per ogni  dolore.

Il 15 marzo Gino lo aspettava al sole, davanti all’uscio di casa. Se avesse potuto si sarebbe alzato, invece rimase seduto sulla sedia a rotelle e allungò la mano. Lentamente, con il suo passo malfermo Erio si avvicinò.

“ Mi siedo io al tuo posto su quel banco ora, te lo tengo caldo”

“ Non riesco più a venire”

Seguì una pausa lunga da far tramontare il sole.

“Andiamo a vedere la tua campagna Gino”

“Andiamo”

Erio prese le maniglie della carrozzina, vi si appoggiò come era solito fare col suo girello e lentamente andarono verso i peri.

Esistono viaggi difficili da percorrere senza sostegno. Perché serve coraggio.

E stringendo una mano non si ha paura neppure di una tempesta durante un volo in mongolfiera.

APPIGLIultima modifica: 2008-10-22T13:22:00+02:00da
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