IRREDUCIBLE

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L’autista dell’autoambulanza mi venne incontro e il suo viso tradiva una smorfia che non riuscii a identificare. Non lo conoscevo, sono certa che le nostre esistenze non si erano mai sfiorate eppure mi guardava fisso negli occhi sul punto di esplodere. Ed esplose: “ Io gliel’ho detto e ridetto ma quella niente, continuava a urlare con le mani attaccate al manubrio: “Me la me bicicleta an la mol brisa, lu al faga quel cag par ma me an la moll brisa”.

Lei mi capisce, si, me lo dica che mi capisce. Trasportiamo gli sfollati tutto il giorno e abbiamo i minuti contati e quella non voleva salire sull’autolettiga. Avevo un bel da spiegarle che non poteva portarsi dietro la sua bicicletta ma quella insisteva “ Le ho detto che senza la mia bicicletta non vado da nessuna parte, chiami chi vuole, i servizi sociali, la polizia, i carabinieri ma io senza la mia bicicletta non mi muovo”.

Giuro che l’ho anche supplicata, ho fatto appello al suo buon senso, ho cercato di spiegarle che i regolamenti me lo vietavano e che avrei avuto delle grane ma quella è stata implacabile: “O, umarell, ma lu l’è dur ad comprendonio sal? Glielo torno a dire per l’ultima volta: la mia bicicletta è l’unica cosa che mi è rimasta. Ho perso tutto, la casa, i miei ricordi, l’unico paio di mutande che ho lo porto addosso e lei vorrebbe che io lasciassi qui la mia bicicletta?!?!? Ma lu l’è mat! Allora o carica in ambulanza anche la bicicletta o io non mi muovo da qui, sonia stada ciara?”

Ho caricato la vecchia e la sua bicicletta in autolettiga andando contro tutti i regolamenti e le ho portate insieme fino qui in romagna e adesso mi aiuti a tirarle giù che devo andare a prendere degli altri sfollati. Ma voi emiliane siete tutte così?

“Anche peggio. Forza che l’aiuto. io prendo la vecchia ma lei scarica la bicicletta eh?”

 

AVVOLTOI

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I telegiornali lo hanno ripetuto fino alla nausea: non andate nelle zone terremotate durante questo fine settimane per non ostacolare i soccorsi ma lui è partito e col tesserino del giornalista  non ha avuto difficoltà nel raggiungere la meta ed eccolo li, il grande reporter, sulla passeggiata a mare a fare jogging con l’ipod ficcato dentro alle orecchie per non pensare, per godersi questa primavera tiepida  pensando alla forma, agli addominali, al ciuffo sudato da spostare di lato con un colpo secco della nuca. Per l’articolo c’è tempo. Mica gliel’ha imposto nessuno di andare nei luoghi terremotati. Ma sai che figo sbattere in faccia al caporedattore un articolo sul sisma? Sarebbe inutile salire fino in montagna: quello che può , quello che deve scrivere lo può fare benissimo da qui, al sicuro. La prima linea non fa per lui non sia mai che la polvere di cemento gli imbianchi la zazzera che gli scende elegantemente sugli occhi e che sposta con un gesto sapiente ripetuto mille volte davanti ad uno specchio.  Ma doveva almeno fingere di esserci dunque godiamocela qui, sul mare. In albergo imbastirà un pezzo di colore ascoltando la tv, chiacchierando davanti ad un mojito con la signora milanese che “sa avevo prenotato da tempo e poi vuol mettere l’emozione di dire alle amiche io c’ero?” Ascolterà la massaggiatrice del centro benessere interno all’albergo raccontare di una lontana parente di una sua seconda cugina che ha un’amica morta sotto le macerie e riporterà la sua vita con quel palpito che provocherà una stretta al cuore e una lacrima alla parrucchiera di sua moglie.