SMEMBRAMENTO

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Hai sbattuto la porta.
Erano le 10,27.
Si fissano sempre dei particolari inutili quando il dolore è insopportabile. Ricordo quando morì tuo padre: continuavo a guardare la macchia di caffè sul camice del dottore e avrei voluto dirglielo che quella macchia toglieva importanza alle sue parole ma come sempre ho taciuto.
Le parole vengono dette sempre troppo presto e troppo in fretta. Si sputano sulla faccia di chi ci chiede amore e non riusciamo a rimangiarcele. Così ho imparato a tacere.
Da quando sei partita ho continuato a fare la mia vita.
Le galline non ne hanno sofferto e hanno continuato a mangiare. L’orto doveva essere pulito dalle erbacce e i pidocchi delle rose dovevano scomparire.
Da allora mi sono chiesta mille volte se avrei potuto trattenerti, se generarti dei sensi di colpa sarebbe servito. No, non sarebbe servito. Tu non hai mai ascoltato altro che il tuo cuore. E il cuore, bimba mia, sbaglia.
I vicini hanno smesso da tempo di chiedermi di te. Per pudore, per rispetto, per non farmi male. Solo la Neide, la ricordi vero la Neide,  mi chiede ostinatamente, ogni volta che passa davanti a casa nostra: “Notizie? Novità?” Io scuoto la testa, lei abbassa lo sguardo e sussurra “Torna, vedrai che torna” e mi lascia un santino di sant’Agnese.
Cinque anni fa la signora Candini mi disse che sua figlia ti aveva incontrata e che eri sciupata ma continuavi ad avere l’orgoglio negli occhi. “ Lo stesso di suo padre” ho pensato e sono stata felice.
Non so se hai trovato quello che cercavi, non so se sei felice, non so se qualche sera senti il profumo del vento da sud e ti ricordi.