BOOM

 

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Ma che cazzo è successo?

 

Non riesco ad alzarmi da terra. Devo alzarmi. Aspetta. Appoggio i gomiti e sollevo il busto. Sangue. Troppo sangue per essere tutto mio. Quella ragazza è morta. So che è morta. Ha gli occhi sbarrati che guardano il cielo e in mano tiene ancora stretta la borsa della spesa. Urla. Mi fa male la testa. Smettetela di urlare e aiutatemi, cazzo. Niente, nessuno mi ascolta. Cazzo, cazzo, cazzo. E adesso arriverò tardi all’incontro e chi la sente la mia segretaria. Devo avvisarla, devo trovare il cellulare ma è tutto così faticoso Forza. Pensa, pensa. Era nella borsa, si nella borsa, lo avevo messo dentro alla borsa così non mi sformava il vestito. Che cretino, tutto per il vestito che adesso è pieno di schizzi di sangue, neanche tutti miei. Oh Dio, Dio. Aiutatemi. Sento solo lamenti. Mi devo trascinare vicino a quella signora ma i vetri mi tagliano le braccia. Devo raggiungerla e far smettere di far piangere quella bambina che sta sopra di lei e continua a chiamarla urlando. Di chi è questa gamba? Che schifo. Ero in banca, si, ero in banca in coda davanti a me a signora con la sporta della spesa .Ricordo l’odore del suo cappotto che sapeva di naftalina. Era talmente fastidioso che ho girato la testa verso la cassa 3. Lo ricordo l’uomo davanti alla cassa 3. Urlava, parlava di mutuo, il cassiere guardava da un’altra parte alzando gli occhi al cielo e l’uomo alzava il tono della voce e il cassiere allargava le braccia, poi l’uomo si è messo a piangere continuando ad urlare e ha messo una mano nella tasca del cappotto. Era il mio turno e ho allungato l’assegno alla ragazza della cassa 2 incazzato per l’attesa. Poi ricordo solo che mi sono sentito sollevato e mille spilli che mi si conficcavano nel corpo.

Sirene.

Sono qui. Sono vivo. Non riesco a parlare ma sono ancora vivo. Devo correre in ufficio. Venite qui.

 

BACIARE

952566599.jpg Dire fare baciare lettera testamento. Scegli.

E il tuo destino è lì, su quelle cinque dita che una mano ti mette davanti.

 

 

 

BACIARE

 

 

Quando entrasti in azienda ti affiancarono a me in segreteria della direzione. Ti avevano assunto come caso umano. Orfana dei genitori persi in un incidente autostradale da esodo estivo, senza più mezzi di sussistenza, il nostro direttore, straordinariamente per il cuore di un banchiere, si commosse e decise di darti un lavoro, un po’ per debito di riconoscenza nei confronti di tuo padre suo vecchio compagno di liceo, un po’ perché portavi minigonne inguinali associate a labbra perennemente imbronciate.

Avvezza agli agi che una vita da nullafacente ti aveva abituato eri senza un diploma fosse anche da educatrice di prima infanzia, l’ordine per te era un concetto bizzarro, la ragioneria un dialetto sconosciuto del Botswana e l’italiano una lingua straniera che nessuno ti aveva insegnato. Eppure avanzavi sia nel prestigio che nello stipendio. Se c’era una manifestazione il direttore voleva te al suo fianco, se si partecipava ad un convegno eri tu l’eletta a rappresentare la banca, se c’erano gli ispettori della banca d’Italia solo tu potevi portarli in giro per ristoranti e locali alla moda. Mai nessun’ altra ha mai saputo far roteare la carta di credito, che la banca ti aveva consegnato, come le tue dita lunghe e laccate. Seducente e molto troia sei entrata in più letti tu che quella baldracca della Mati che ne ha presi, oddio quanti ne ha presi, ma non ti bastava e volevi di più, volevi la direzione e quando ti diedero anche quella il primo provvedimento che prendesti fu quello di trasferirmi alla cassa, come una neoassunta. Il crac della banca ci portò le televisioni e  gli ufficiali della finanza ad arrestarti. Urlasti come un agnello sgozzato ma nessuno si impietosì. Vennero nuovi ispettori e riorganizzarono le cariche bancarie badando al merito e non alle raccomandazioni.  Mi affidarono la vicedirezione  e per la prima volta mi permetto di usare una delle espressioni a te tanto care:  “E adesso, baciami il culo”.