DOPO


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Sono nel piazzale davanti a casa.

Gli altri, i condomini, quelli con cui ci si scambia il saluto, quelli che si chiedono ancora che lavoro, di preciso, faccio, quelli quelli che non ho mai visto detestando le riunioni di condominio, insomma, gli altri, sono lì, con gli occhi smarriti. Dov’è stato l’epicentro? Chi ha un collegamento internet? Cazzo, i cellulari non funzionano! Mia figlia è a scuola, non so niente di lei, non so niente di niente adesso. Le domande si susseguono senza aspettare risposta. Arriva l’ingegnere quello del primo piano e grida “mamma, mamma, mamma” la voce è incrinata ma grida con rabbia. Si, la Silvina non c’è, non è scesa. Lui entra.

Scende dall’altro lato del palazzo un vecchio appoggiato al deambulatore.

Perché l’ingegnere non scende?

Arriva un’auto e parcheggia a debita distanza dal palazzo. “Stavo lavorando e le capriate hanno iniziato a caderci addosso” Si’, perché adesso sappiamo cosa sono le capriate, quanto regge il cemento armato e che quei maledetti capannoni li hanno costruiti senza imbullonare le capriate ai piloni.

Ma l’ingegnere?

Arriva la ragazza. Era a scuola poi il boato, quell’urlo della terra che una volta sentito ti rimane marchiato a fuoco nella testa. Racconta, concitata, di quello che ha visto tornando a casa. Anche lei ha gli occhi della paura. Parla di chiese crollate, fabbriche distrutte, strade intasate. E i cellulari non prendono e sto cazzo di madre dell’ingegnere dov’è?

La signora seduta su una sedia è ferita: stava facendo terapia riabilitativa dopo un’operazione all’anca, la fisiatra cerca di tranquillizzarla. “Si, chiamiamo, appena torna il segnale, chiamiamo”.

Mi accorgo ora della ragazzina che piange e della signora con la tinta in testa. Erano dal parrucchiere raccontano. La finta bionda è scappata ma la ragazzina era in bagno a fare pipì e la porta non si apriva e lei urlava terrorizzata ma non serviva perché la porta si è aperta solo quando sono riusciti a sfondarla e ora, la ragazza, piange e trema. Muta.

Finalmente scende la mamma dell’ingegnere con l’ingegnere, le gambe le tremano e anche lei ha negli occhi la paura.

Prendo una sedia dallo studio della fisiatra e la faccio sedere.

Si, ci siamo tutti, credo.

La napoletana sviene. Anziani instabili, vecchie con badanti al fianco, respiro affannoso ma vigili e attenti e la napoletana sviene. Perché le napoletane svengono? Gli uomini corrono e la adagiano a terra. Le diamo da bere? No! Alziamole le gambe! Mah. Opterei per l’acqua in faccia e che si riprenda in fretta: i tre pargoli frignano e li deve calmare.

Si inizia a diventare nervosi e puntuale arriva un’altra scossa. Mia madre avrebbe detto: “Questa si fa dare del voi” per accentuarne l’importanza.

Quando arriva, gli sguardi sono persi, le braccia si allargano per cercare un equilibrio, le gambe non smettono di tremare.

Ci siamo ancora tutti.

perchè la terra che ti trema sotto i piedi costringe chi c’è, chi è sopravvissuto, a contarsi e i conti devono sempre tornare.

Se ti allontani avverti, se decidi di rientrare comunicalo, se te ne vai fa in modo che lo sappiano tutti. 

” Io me ne vado. Vado a filmare, se c’è ancora qualcosa da filmare.”

“Noi siamo qui” è la risposta.


DOPOultima modifica: 2012-06-21T23:13:24+02:00da notimetolose@v
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15 pensieri su “DOPO

  1. non ci sono commenti che tengano su fatti del genere … c’è chi sviene e chi conta e racconta … tu ci sei e questa tua memoria è un bene per tutti … aiuta a capire … che visto da fuori davvero non è facile …
    un abbraccio
    Andrea

  2. Noti, o Noti…non dirmi che stavi lì…che ha colpito la tua terra e la tua vita 🙁 solo ora sono entrata nel tuo blog. Che dirti? che l’ho vissuto anche io a suo tempo e che da allora niente è stato più uguale…ti abbraccio forte e qualsiasi cosa tu abbia bisogno io sono qui…nel mio ufficio abbiamo predisposto una racoclta per l’acquisto del parmigiano …estendendola ovunque possibile…Vedi a voler bene e a non s apere neanche dove uno vive…

  3. “Si mangia un fungo velenoso e si muore. Ecco quanto è fragile la vita umana” diceva Sant’Agostino.
    Queste catastrofi mettono l’essere umano faccia a faccia con la realtà, con la propria triste e fragilissima natura, faccia a faccia con l’inconsistenza di tutto quello che di materiale ci circonda e per il quale, a volte, sacrifichiamo anche la nostra felicità più vera…anche per questo fanno tanto male queste catastrofi, fanno tanta paura.
    Credo, comunque, che in queste tragedie si possa avvertire il vero senso di tutto, l’importanza della vita più che delle cose, l’eguaglianza delle persone davanti al dolore, ai sentimenti, alla paura e quella necessità, per essere più forti, di stringersi insieme che, in una società che ci addestra all’individualismo ed alla prevaricazione, ci sembra un concetto assurdo.
    Ti abbraccio.

  4. Noti, o Noti…non dirmi che stavi lì…che ha colpito la tua terra e la tua vita 🙁 solo ora sono entrata nel tuo blog. Che dirti? che l’ho vissuto anche io a suo tempo e che da allora niente è stato più uguale…ti abbraccio forte e qualsiasi cosa tu abbia bisogno io sono qui…nel mio ufficio abbiamo predisposto una racoclta per l’acquisto del parmigiano …estendendola ovunque possibile…Vedi a voler bene e a non s apere neanche dove uno vive…

  5. Le gambe che tremano, la vita che trema, un attimo e tutto è completamente diverso, migliaia di momenti per trascinare le nostre vite e poi l’attimo, il maledetto rombo che uccide il cuore e mina le speranze. La conta, chi c’è e chi manca, ma che cazzo urla quella là, ma è il nostro cuore che urla quasi a voler trattenere con l’urlo la speranza di normalità, ma quale normalità ?
    Le nostre vite perennemente in bilico su acque agitate, vivere col surf, ma poi te lo fa vedere lei cos’è il surf, la bestia esce dalle acque con la sua mostruosa testa e ti becca in mutande, ridicolo e disperato, patetico ed eroico. Non ti lascia il tempo di farti bello, ti straccia di dosso la carne e non ti resta che sperare che se ne vada alla svelta, come quando da bambino ti svegliavi dopo un incubo e piangendo chiamavi tuo padre e lui arrivava ad abbracciarti.
    La bestia è dentro di noi e scuote le certezze.
    Cordoni ragazzi e in fila per cinque, guai a chi si ferma, indietro non si torna.

    Grazie per raccontarci le nostre vite vere…

    Un sorriso.
    Ultimo

  6. Io me lo ricordo il terremoto dell’80. L’epicentro era in Irpinia, ma si sentì forte e chiaro anche a Napoli. Davanti a me cadde un balcone. Due morti. Ma non svenne nessuno.
    Forse la napoletana sviene perché rivive un incubo. Forse.

    Speriamo che la terra finisca presto di tremare, così non sviene e non muore più nessuno sotto i capannoni.

  7. E una cosa angosciante vedere la paura e la morte dal così vicino, mi fa paura solo a leggerlo… tutta la mia solidarietà…

  8. In fondo sapevo che mi preoccupavo per nulla. A te non ti ferma nemmeno il terremoto. La gente “bastarda” non muore mai. Per fortuna dico io.

  9. Mi fai ritornare indietro nel tempo con questo tuo toccante racconto.
    Ah Noti, quanto tempo è passato, ma le sensazioni e l’atmosfera che così abilmente hai descritto mi riportano alle tante notti trascorse insonni nell’estate del 76.
    Ce la farete anche voi, sicuro che ce la farete: la gente Emiliana ha il cuore grande e la fiera determinazione di chi non si lascia andare alla deriva.
    Un giorno mi piacerebbe riprendere queste parole bevendo assieme un bicchiere di rosso a Venzone o a Gemona del Friuli, io ti racconterei com’era, tu come sarà la tua terra.
    Con tanta stima.
    haffner

  10. Bè, quelli è impossibile fermarli visto che c’hanno l’auto blu da usare.
    Adesso anche il papa.
    Dovreste essere felicissimi! Scommetto.

    giulia

  11. ad essere sincera un po’ preoccupata lo sono anche io(per quello che riguarda la mia persona)…per quanto riguarda il tuo post non ho parole….se vuoi venirtene un po] qui nel entroterra gardesano per riprenderti fammi sapere…anche se anche qui ogni tanto qualche scossa la si sente….un abbraccio

  12. Una relazione dell’evento che più capillare non si può.

    So cosa significa essere vittima di una scossa di terremoto, ne ho subite due in Sicilia, una da bambina dove mi sono ritrovata a terra con il materasso addosso e una da adolescente in una corsia di ospedale con una gamba rotta, il primario che ci rassicurava e due da adulta a Torino, una 20 anni fa e una lo scorso anno, una cosa sola a farla da padrona…l’impotenza davanti a madre natura.

    Siamo tutti vicini a voi.

    Notte buona Noti.

  13. Leggendo questa tua “cronaca dal terremoto” ho pensato agli imbrattacarte pennivendivoli, dovrebbero venire a lezione da te per imparare che “la brutalità” di un racconto crudo e privo di fronzoli è l’unica maniera per raccontare.

    Buona serata speriamo senza altri disagi oltre a quelli che stai sopportando.

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